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23.12.2024

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«L’odio non può essere un reato, non siamo nello Stato Etico», parola di Giudice
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12 Novembre 2019

«L’odio non può essere un reato, non siamo nello Stato Etico», parola di Giudice

In questi giorni si torna a parlare di legge sulla cosiddetta omofobia, si parla anche di una Commissione e di altri provvedimenti “per contrastare l’odio”. Anche il ddl Scalfarotto aveva la pretesa in qualche modo di punire una supposta “intolleranza”. Abbiamo chiesto a Giacomo Rocchi, consigliere presso la Corte di Cassazione, si può legiferare su un sentimento?

«Ovviamente no: è lo Stato totalitario quello che pretende di entrare nella testa dei suoi cittadini e di “educarli” a pensare in un certo modo, giungendo a condannarli per gli “psicoreati”. Lo Stato democratico si fonda su valori positivi che dovrebbero favorire il legame all’interno della società, ma regola e giudica le condotte materiali poste in essere da ciascuno, stabilendo quali sono inaccettabili per la società e, quindi, devono essere punite (o, se possibile, tenta di prevenirle). Che io provi un sentimento di odio verso una persona è un fatto del tutto irrilevante finché non pongo in essere azioni concrete. Si devono contrastare, quindi, le condotte violente o comunque illecite. Il rischio è far passare come contrasto all’odio o all’intolleranza quello che si chiama banalmente censura – cioè repressione della libertà di manifestazione del pensiero, diritto che costituisce il cardine di ogni Stato democratico – o addirittura repressione della libertà di educazione e di associazione».

Giudice, si dice e si legge che c’è un aumento dell’odio in questo periodo storico, lei come commenterebbe?

«Mi sembra una affermazione grottesca: l’uomo ha odiato il suo simile e ha ucciso in tutti i periodi della storia. Del resto, in che modo si potrebbe misurare questo “aumento dell’odio” se non valutando le condotte materiali che vengono poste in atto? E davvero possiamo sostenere che l’epoca attuale sia più violenta di altre, quando siamo in pace – almeno noi in Europa – da tanti anni? Nella mia piccola visuale – di giudice che si occupa di omicidi volontari e di tentati omicidi nel lavoro presso la Corte di Cassazione – constato che, in effetti, il numero di reato violenti non aumenta né diminuisce in maniera significativa: come ho detto, l’uomo ha sempre ucciso e, purtroppo continua a farlo; spesso, fra l’altro, non per odio, ma per istinto, debolezza, disperazione. La sensazione è che, da una parte, si vuole bollare come manifestazioni di odio opinioni diversa dalla propria; dall’altra che, effettivamente, la diffusione di social network ha dato la stura a manifestazioni rancorose, aggressive e verbalmente violente da parte di molte persone, anche se dubito che siano manifestazioni di odio».

Quali tipo di conseguenze potrebbe avere un testo di legge o un provvedimento normativo che pretendesse di codificare l’odio?

«Lo si comprende assai bene dal disegno di legge testo di legge sull’omofobia in discussione in questo periodo: fingendo che le opinioni differenti sull’orientamento sessuale e sull’identità di genere integrino manifestazioni di odio, si vuole brutalmente reprimere le libertà di manifestazione del pensiero e di associazione».

E’ possibile risalire a un sentimento come causa di un reato?

«Beh, questo si intravede in molti dei casi di omicidio o tentato omicidio che vedo passare dal mio Ufficio. Spesso ho la sensazione che alcune persone commettano atti terribili che non avrebbero mai pensato di compiere e lo fanno perché incapaci di controllare i propri sentimenti e i propri istinti. Questo fa anche comprendere la fragilità dell’uomo – direi di ciascun uomo – ma anche la necessità di saper riconoscere il bene e fuggire il male e di essere saldi nei momenti difficili».

 

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