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23.12.2024

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La strana teologia di Walter Kasper (dal «Dizionario elementare del pensiero pericoloso»)
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31 Dicembre 2016

La strana teologia di Walter Kasper (dal «Dizionario elementare del pensiero pericoloso»)

Pubblichiamo la voce Walter Kasper del nuovo Dizionario elementare del pensiero pericoloso (per richiedere il volume vedi QUI)

 

KASPER, WALTER

Walter Kasper nasce a Heidenheim nel 1933 da famiglia cattolica, entra ancora giovane in seminario dove compie gli studi superiori e viene ordinato sacerdote nel 1957. Studia nelle università di Tubinga e Monaco, consegue la laurea in teologia nel 1961 e la libera docenza nel 1964. Insegna teologia dogmatica a Munster dal 1964 al 1970 e a Tubinga dal 1970 al 1989. In questo periodo diviene membro della Commissione Teologica Internazionale e consulente teologico della Conferenza episcopale tedesca. Nel 1989 viene nominato vescovo di Rottenburg. Nel 1994 diventa copresidente della Commissione internazionale per il dialogo tra luterani e cattolici; il lavoro in campo ecumenico gli vale, nel 1999, la nomina a segretario del pontificio Consiglio per la promozione dell’unità dei cristiani, a seguito della quale Kasper si trasferisce a Roma.
Nel concistoro del 21 febbraio 2001 viene elevato alla dignità cardinalizia e poi nominato presidente del medesimo pontificio Consiglio, nonché Presidente della Commissione per le Relazioni Religiose con gli Ebrei. Il 1º luglio 2010, il papa Benedetto XVI ha accettato la sua rinuncia all’incarico per motivi d’età.

Tra le sue opere principali ricordiamo: L’Assoluto nella storia. Nella tarda filosofia di Schelling (1964; Per il rinnovamento del metodo dogmatico (1967; Il Dogma sotto la Parola di Dio (1968; Fede e storia (1970; Mistero uomo (1973; Cristologie, oggi (1974, con Arno Schilson; Gesù, il Cristo (1974; Teologia del matrimonio cristiano (1977; Il Dio personale. Risposta al mistero dell’uomo (1978; Presenza dello Spirito. Aspetti della Pneumatologia (1979; Il Dio di Gesù Cristo (1982; Teologia e Chiesa (1987; Sacramento dell’unità. Eucaristia e Chiesa (2004).

Ha detto

● «Come già si osservava, Gesù non si è arrogato esplicitamente né la qualifica di Messia né quella di Figlio di Dio» (Gesù il Cristo, Queriniana, Brescia 2013, p. 225).

● Riguardo al concepimento verginale del Figlio di Dio nel grembo di Maria santissima, Kasper dapprima scrive dei «difficili problemi teologico-biblici che la tematica del concepimento verginale solleva», per cui la verginale maternità di Maria è «ancora aperta sul piano biblico» (ibid., pag. 353, n. 69), poi riconosce che «ogni negazione della dottrina ecclesiale di fede pone fondamentalmente in questione lo stesso principio della tradizione» (ibid.).

● «La conclusione che dobbiamo trarre da tutto quanto si è detto è che molte storie miracolose riferiteci dai Vangeli devono essere considerate leggendarie. […] Questi racconti non storici sono enunciati di fede sul significato salvifico della persona e del messaggio di Gesù» (ibid., p 118). Secondo Kasper, «Si ha l’impressione che il Nuovo Testamento abbia arricchito la figura di Gesù di elementi narrativi extra-cristiani per sottolinearne la grandezza e l’autorità» (ibid., p. 117). Inoltre, i miracoli «In se stessi non sono poi così chiari e non costituiscono necessariamente una prova della divinità di Gesù» (ibid., p. 129). E ancora: «Per tale ragione i miracoli non possono mai costituire una prova chiara della fede» (ibid., p. 130).

● «Nessun teste neo-testamentario asserisce di aver visto Cristo risorgere. […] gli enunciati della tradizione neo-testamentaria della risurrezione di Gesù non sono affatto neutrali: sono confessioni e testimonianze prodotte da gente che crede» (ibid., p. 176): il che sembra far pensare che possa trattarsi di testimoni poco affidabili proprio perché hanno la fede! Anche della scoperta del “sepolcro vuoto”, scrive: «Dobbiamo allora supporre che non si tratti di cenni storici, ma soltanto di artifizi stilistici, escogitati per richiamare l’attenzione e creare suspense» (ibid., p. 172).

● «Nella stretta terminologia teologica, evangelizzazione è un termine generale ed una realtà molto complessa. Connota presenza e testimonianza, preghiera e liturgia, proclamazione e catechesi, dialogo e azione sociale. Ma la presenza e la testimonianza, la preghiera e la liturgia, il dialogo e l’azione sociale, che fanno tutti parte dell’evangelizzazione, non hanno lo scopo di aumentare il numero del Cattolici. Anzi l’evangelizzazione, compresa nel suo appropriato significato teologico, non implica alcun tentativo di proselitismo» (Riunione del Comitato internazionale per i rapporti tra cattolici ed ebrei, New York 1-4 maggio 2001, sessione “Scambio d’informazioni” sulla dichiarazione Dominus Iesus).

● «La sola cosa che desidero dire è che il documento Dominus Iesus non afferma che tutti debbano diventare Cattolici per essere salvati da Dio. Al contrario, dichiara che la grazia di Dio – che, secondo la nostra fede, è la grazia di Gesù Cristo – è a disposizione di tutti» (ibid.).

● «[…] la Chiesa crede che l’Ebraismo, cioè la risposta fedele del Popolo ebreo all’alleanza irrevocabile di Dio, è per esso fonte di salvezza, perché Dio è fedele alle sue promesse» (ibid.)

Risposte

● Il Vangelo proclama la divinità del Verbo di Dio che poi si è fatto uomo in Gesù di Nazareth, Signore e Salvatore: «In principio era il Verbo, e il Verbo era presso Dio, e il Verbo era Dio […] e il Verbo si è fatto carne ed è venuto ad abitare in mezzo a noi» (Gv 1,1).
Contrariamente a quanto affermato da Kasper, Gesù si è attribuito il titolo di Figlio di Dio: «Ma egli taceva e non rispondeva nulla. Di nuovo il sommo sacerdote lo interrogò dicendogli: “Sei tu il Cristo, il Figlio di Dio benedetto?”. Gesù Rispose: Io lo sono”» (Mc 14,61-63).
Gesù si dichiara esplicitamente Figlio di Dio: «Padre, è giunta l’ora, glorifica il Figlio tuo, perché il Figlio glorifichi te» (Gv 17,1).
Pietro riconosce la messianicità e la figliolanza divina di Gesù: «Tu sei il Cristo, il Figlio del Dio vivente» (Mt 16,16) e Gesù conferma questo riconoscimento: «Beato te, Simone figlio di Giona…» (Mt 16,17).

● L’unanime Tradizione della Chiesa, fondata sulla sacra Scrittura, lega indissolubilmente la verginità di Maria santissima con la sua maternità cosicché formano insieme un unico mistero, a sua volta inseparabile dall’evento dell’Incarnazione del Figlio di Dio nel grembo di una vergine (Lc 1,34-35), così come annunciato secoli prima dal profeta Isaia: «Ecco una vergine concepirà e partorirà un Figlio» (7,14).
Il Catechismo della Chiesa Cattolica (CCC) insegna che: «Fin dalle prime formulazioni della fede, la Chiesa ha confessato che Gesù è stato concepito nel seno della Vergine Maria per la sola potenza dello Spirito Santo, ed ha affermato anche l’aspetto corporeo di tale avvenimento» (n. 496; e aggiunge: «L’approfondimento della fede nella maternità verginale ha condotto la Chiesa a confessare la verginità reale e perpetua di Maria» (CCC n. 499).

● I miracoli compiuti da Gesù sono i segni della sua potenza divina con i quali egli dimostra di essere il Figlio di Dio venuto nel mondo secondo la volontà del Padre (cfr. Gv 5,36; 10,52): mettere in discussione la realtà storica dei miracoli evangelici, anche se – come fa Kasper – non di tutti ma di molti, significa minare alle fondamenta la credibilità stessa della divina Rivelazione.
Il Concilio Vaticano I (1869-1870) afferma: «Nondimeno, perché l’ossequio della nostra fede fosse conforme alla ragione (cfr. Rm 12,1), Dio ha voluto che agli interiori aiuti dello Spirito Santo si accompagnassero anche prove esteriori della sua rivelazione: cioè fatti divini e in primo luogo i miracoli e le profezie che, manifestando in modo chiarissimo l’onnipotenza e la scienza infinita di Dio, sono segni certissimi della divina rivelazione, adatti a ogni intelligenza» (Costituzione dogmatica Dei Filius sulla fede cattolica, III).
Il suddetto concilio afferma: «Se qualcuno dice che i miracoli sono impossibili e che di conseguenza tutte le narrazioni che vi si riferiscono, anche quelle contenute nella Sacra Scrittura, devono essere annoverate tra le favole o i miti; o che i miracoli non possono mai essere conosciuti con certezza né servire per provare efficacemente l’origine divina della religione cristiana: sia anatema» (ibid., anatemi, III, 4).
Il Catechismo della Chiesa Cattolica insegna: «Gesù accompagna le sue parole con numerosi “miracoli, prodigi e segni” (At 2,22) i quali manifestano che in lui il Regno di Dio è presente. Attestano che Gesù è il messia annunciato» (n. 547), e gli stessi miracoli «testimoniano che egli è il Figlio di Dio» (CCC n. 548).
Affermare che i racconti evangelici di molti miracoli compiuti da Gesù siano “leggendari” e “non storici” sembra palesemente contraddire quanto insegna il Concilio Vaticano II (1962-1965): «La santa madre Chiesa ha ritenuto e ritiene con fermezza e con la più grande costanza che i quattro suindicati Vangeli, di cui afferma senza esitazione la storicità, trasmettono fedelmente quanto Gesù Figlio di Dio, durante la sua vita tra gli uomini, effettivamente operò e insegnò per la loro eterna salvezza, fino al giorno in cui fu assunto in cielo (cfr. At 1,1-2)» (Costituzione dogmatica sulla Divina Rivelazione Dei Verbum, 19). Per la Chiesa, i Vangeli trasmettono fedelmente anche i fatti (miracoli) compiuti da Gesù.

● È ovvio che nessun uomo sia stato presente al momento della Risurrezione di Cristo, poiché il passaggio del Signore Gesù dalla morte alla vita nuova glorificata è avvenuto nel sepolcro dove il corpo esanime era sepolto e sigillato (cfr. Gv 20,13; Mt 28,11).
La prova della realtà storica della risurrezione del Signore Gesù sta nelle innumerevoli manifestazioni del Signore risorto (cfr. 1 Cor 15,4-8). Per i Vangeli e per gli altri Libri del Nuovo Testamento è indubitabile l’esperienza degli apostoli e dei discepoli, per i quali quel Gesù che era indubbiamente morto si è manifestato loro come inequivocabilmente vivo, e vivo di una vita nuova, gloriosa, non più soggetta ai limiti della vita mortale (cfr. Lc 24,3; Gv 20,2).
Il Catechismo della Chiesa Cattolica insegna che «Il mistero della risurrezione di Cristo è un avvenimento reale che ha avuto manifestazioni storicamente constatate, come attesta il Nuovo Testamento» (n. 639; infatti «La fede della prima comunità dei credenti è fondata sulla testimonianza di uomini concreti […] prima di tutto Pietro e i Dodici, ma non solamente loro: Paolo parla chiaramente di più di cinquecento persone alle quali Gesù è apparso in una sola volta» (CCC n. 642).

● La Chiesa insegna: «Ma è pure notissimo il dogma cattolico, che cioè nessuno può salvarsi fuori della Chiesa cattolica, e che non possono ottenere la salvezza eterna quelli che sono pertinacemente contumaci verso l’autorità e le definizioni della medesima chiesa e quelli che sono separati dall’unità della chiesa stessa e dal romano pontefice, successore di Pietro…» (Pio IX, Enciclica Quanto conficiamur mœrore, 10 agosto 1863). Questa appartenenza può essere consapevole (in coloro che hanno ricevuto la vera fede nel battesimo di acqua e in essa perseverano) o inconsapevole (in coloro che vivono un “battesimo di desiderio”).
Il Catechismo della Chiesa Cattolica insegna che «[…] ogni salvezza viene da Cristo Capo per mezzo della Chiesa che è il suo Corpo: […]. Infatti solo Cristo, presente per noi nel suo Corpo che è la Chiesa, è il mediatore e la via della salvezza […]. Perciò non potrebbero salvarsi quegli uomini i quali, non ignorando che la Chiesa cattolica è stata da Dio per mezzo di Gesù Cristo fondata come necessaria, non avessero tuttavia voluto entrare in essa o in essa perseverare (Lumen Gentium, 14)» (n. 846). Naturalmente «Questa affermazione non si riferisce a coloro che, senza loro colpa, ignorano Cristo e la Chiesa» (CCC n. 847). Il motivo della necessità di appartenere alla Chiesa è il medesimo per cui è necessario appartenere a Gesù Cristo: il Signore Gesù infatti è l’unico salvatore del mondo e la Chiesa è il prolungamento della presenza e dell’azione di Cristo nel mondo.

● Il Signore Gesù prima di ascendere al Cielo invia i suoi apostoli e, in loro, tutti i discepoli di ogni tempo e luogo: «Andate in tutto il mondo e predicate il Vangelo ad ogni creatura: chi crederà e sarà battezzato, sarà salvo; chi non crederà sarà condannato» (Mc 16,6).
Coerentemente con la parola del Signore Gesù, la Chiesa insegna che lo scopo dell’evangelizzazione è la conversione di tutti gli uomini all’unica vera fede, quella cattolica: «[…] è tuttavia compito imprescindibile della Chiesa, ed insieme sacro diritto, evangelizzare tutti gli uomini» (CCC, n. 848), e l’evangelizzazione ha come scopo che «tutti gli uomini siano salvati e giungano alla conoscenza della verità (1 Tim 2,4)». Infatti «Dio vuole la salvezza di tutti attraverso la conoscenza della verità. La salvezza si trova nella verità» (CCC, n. 851).

● San Paolo ritiene tanto urgente la conversione dei suoi compatrioti e correligionari da pronunciare una delle affermazioni più ardite di tutta la sacra Scrittura: «Vorrei infatti essere io stesso anàtema, separato da Cristo, a vantaggio dei miei fratelli, miei consanguinei secondo la carne» (Rm 9,3; cioè san Paolo, con linguaggio iperbolico, dice che pur di portare a Cristo i suoi fratelli ebrei sarebbe disposto ad essere lui stesso separato da Cristo! Se questo è lo zelo del più intrepido degli apostoli per la conversione degli ebrei alla fede cristiana, come potrebbe la Chiesa non pensare e agire allo stesso modo?
La Chiesa intera nella celebrazione del venerdì santo, cioè in uno dei momenti più solenni della sua vita liturgica, prega con queste parole: «Dio onnipotente ed eterno, che hai fatto le tue promesse ad Abramo e alla sua discendenza, ascolta la preghiera della tua Chiesa, perché il popolo primogenito della tua alleanza possa giungere alla pienezza della redenzione…»; ora, è evidente che non si può giungere alla piena redenzione senza riconoscere e professare la fede nel Redentore che ne è la sorgente.
Il Magistero spiega che «Con la loro stessa esistenza i Dodici – chiamati da provenienze diverse – diventano un appello a tutto Israele perché si converta e si lasci raccogliere nell’alleanza nuova, pieno e perfetto compimento di quella antica» (Benedetto XVI, Udienza Generale, 15 marzo 2006). (Don Claudio Crescimanno)

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