«È tempo di tornare alle nostre radici sulla libertà di espressione. Ho costruito i social media per dare voce alle persone. […] Credo ancora oggi nella libertà di espressione», così Mark Zuckerberg ha pubblicamente rivelato i cambiamenti radicali che avverranno su Meta nei prossimi mesi per garantire una maggiore “libertà di parola”. Dopo aver fatto un mea culpa sui «troppi errori e [la] troppa censura» ad opera dei complessi sistemi di moderazione delle sue piattaforme – di base creati per tutelare dai rischi del web, droga, armi e sfruttamento minorile, ma che poi si son tradotti in censure politicizzate su gender e immigrazione -, il fondatore di Facebook annunciato le nuove regole.
Nuove che regole di Meta che saranno: la riduzione, a partire dagli Stati Uniti, degli errori e semplificazione delle politiche; la fine della verifica dei fatti da parte dei Fact-Checkers e la sostituzione con un sistema di “note della comunità” sulle orme di Musk con X; la semplificazione delle politiche sui contenuti tramite l’eliminazione delle restrizioni su temi come politica, immigrazione e gender, «che sono fuori dalla realtà rispetto al dibattito comune». Si prevede inoltre di concentrare tutti gli sforzi sulla riduzione degli errori piuttosto che su un sistema di filtri complessi che elimina accidentalmente l’1% dei post e dei profili, che significa silenziare milioni di persone. E, non meno importante, lo spostamento del suo team di moderazione dalla California verso zone più imparziali.
Si può parlare di effetto Trump? È lo stesso Zuckerberg a riferire nel video che «inizia una nuova era» e che «le recenti elezioni segnano un punto di svolta verso il ritorno alla priorità del discorso».Mancano due settimane all’insediamento del tycoon alla Casa Bianca ed è evidente che Zuckerberg gli abbia voluto strizzare un occhio. Di sicuro c’è una base ideale che intende promuovere la libertà di espressione, ma le sue ragioni vanno ricercate anche in campo economico. Il successo del suo principale concorrente, X, e il declino progressivo che sta subendo Facebook, fanno parte di queste.
Ammissione importante poi, anche se diremmo un po’ scontata, quella sui Fact-Checkers che sarebbero stati «troppo condizionati dalla politica». Sembrerebbe ora chiaro anche al fondatore di Facebook che «quello iniziato come movimento inclusivo è stato utilizzato per silenziare idee diverse». Con un chiaro riferimento all’amministrazione Biden – parla infatti degli «ultimi quattro anni» – denuncia la grossa difficoltà nel contrastare la censura quando persino gli Stati Uniti l’hanno incoraggiata «attaccando noi e altre aziende americane» e «incoraggiando altri governi ad andare ancora oltre», e promette di collaborare con Trump per respingere la censura globale.
E mentre qualcuno già grida allo scandalo per il “potere dei signori delle Big tech”, giova ricordare quanto citato dallo studioso e accademico Bjorn Lomborg il quale non molto tempo fa ha richiamato un sondaggio condotto da Harvard Misinformation Review su 150 esperti di disinformazione, che rivelerebbe come «gli esperti pendevano fortemente verso la sinistra dello spettro politico» e quanto sia difficile stabilire cosa sia realmente la “disinformazione”. Se infatti gli esperti definiscono il concetto di disinformazione per includere modi più sottili in cui la comunicazione può essere fuorviante anche quando non è dimostrato che sia falsa, il concetto diventa così ampio che è difficile potersi fidare.
Se poi ci aggiugiamo la propensione alla faziosità, forse facciamo bene a non farlo. Ci affidiamo in ultimo a ciò che Tucker Carlson aveva dichiarato e che dovrebbe avere validità universale: «Abbiamo il primo emendamento. Abbiamo la libertà di parola. Possiamo dire ciò che pensiamo davvero, senza eccezioni di discorsi d’odio. Puoi odiare ciò che l’altro dice, ma non puoi forzarlo a stare zitto. Perché siamo cittadini, non schiavi». Sì, sarebbe bello se fosse davvero l’inizio di una nuova era. E qualche passo già si sta facendo. (Fonte foto: Pexels.com/Facebook)
Riceverai direttamente a casa tua il Timone
Se desideri leggere Il Timone dal tuo PC, da tablet o da smartphone
© Copyright 2017 – I diritti delle immagini e dei testi sono riservati. È espressamente vietata la loro riproduzione con qualsiasi mezzo e l’adattamento totale o parziale.
Realizzazione siti web e Web Marketing: Netycom Srl