La doverosa vicinanza al popolo ucraino che, dal 24 febbraio, vive sotto l’assedio e le bombe dell’«operazione militare speciale» – come la chiama Vladimir Putin -, non è in discussione. Anzi, devono essere moltiplicati gli sforzi per dare ai profughi di Kiev e dintorni un’accoglienza dignitosa. Tuttavia, viene spontaneo chiedersi se, da questo atteggiamento di sostegno ad una popolazione flagellata dal conflitto, non si stia esagerando nell’esaltazione del presidente Volodymyr Zelensky. Sì, perché verso l’ex comico – in Occidente, c’è da temere, osannato più in ostilità a Mosca che per amore di Kiev – è iniziata una sorta di canonizzazione.
Al punto – e non è una fake news – che sono state pure prodotte candele dove, al posto di quella di Gesù, compare l’effigie del leader ucraino, oggi accostato a pure a Buddha, Socrate e san Francesco. Diventa così difficile non condividere perfino padre Antonio Spadaro, direttore della Civiltà Cattolica, che denuncia l’errore di quanti pensano che «lo spirituale/religioso» si possa « applicare direttamente alle dinamiche politiche». «In questo caso il capo dei nemici è il diavolo personificato», aggiunge il gesuita, e «il capo dei giusti è la personificazione del bene (o di Cristo stesso)». Che è quanto avviene con Zelensky raffigurato come Cristo, elevato divinità in quanto nemico del Satana di oggi, ovvero Putin.
«Torniamo sulla terra per parlare di questa orribile guerra aggressiva di invasione che sta portando morte e distruzione, destabilizzando il mondo», chiosa infine Spadaro, «e comprendiamo pure che era una invasione annunciata da… anni, ben prevedibile col discernimento (questo sì) e con la saggezza della prudenza diplomatica. E purtroppo non si è fatto nulla per evitarla». Ma, se la guerra non si è evitata, almeno si evitino polarizzazioni che, è certo, non favoriscono la pace. Prova ne sia l’atteggiamento di Papa Francesco, che, proprio per cercare la pace, non solo continua – l’ultima volta domenica – a condannare «la perversa spirale delle armi», ma si è detto pronto ad incontrare il «diavolo» Putin.
La rivelazione è stata fatta dal pontefice argentino in un’intervista uscita oggi sul Corriere della Sera. Dialogando con il direttore, Luciano Fontana, il Santo Padre ha dichiarato: «Ho chiesto al cardinale Parolin, dopo venti giorni di guerra, di far arrivare a Putin il messaggio che io ero disposto ad arrivare a Mosca. Certo, era necessario che il leader russo concedesse qualche finestrina. Non abbiamo ancora avuto risposta e stiamo ancora insistendo». «Anche se penso che Putin non possa e non voglia fare questo incontro in questo momento», ha chiosato il Papa, aggiungendo d’aver chiamato «il primo giorno di guerra il presidente ucraino. Putin invece non l’ho chiamato».
Insomma, la linea della Santa Sede è – e resta – netta: totale vicinanza alle vittime del conflitto con un tentativo incessante di parlare con tutte le parti in causa e di fare in modo, soprattutto, che esse possano parlarsi, arrivando al cessate al fuoco. Comunque la si pensi, una posizione netta – peraltro coerente da mesi – e che si distingue nettamente da quella di chi, in omaggio ad un manicheismo utile forse a raccontare la situazione ma non certo a risolverla, rilancia lo schema per cui, nella guerra in Ucraina, vi sarebbe da una parte il fronte guidato da un demone e, dall’altra, quello capeggiato da un Gesù Cristo 2.0. Ma questa non è una lettura, bensì una caricatura della realtà.
(Foto: fonte Facebook)
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