«Voglio sposare mio figlio». No, purtroppo non è uno scherzo. Si tratta della richiesta ufficialmente depositata, sotto forma di causa, da un uomo presso il tribunale federale di Manhattan. Si tratta di una richiesta – presentata in data 1°aprile, e di cui ha dato notizia in primo luogo il New York Post – che mira a far dichiarare «incostituzionali» le vigenti leggi sull’incesto.
«Attraverso il legame duraturo del matrimonio, due persone, qualunque sia la relazione che potrebbero altrimenti avere tra loro, possono trovare un maggiore livello di espressione, intimità e spiritualità», è l’argomento portato dal ricorrente che, da quanto è dato capire, vorrebbe convolare a nozze con un suo figlio adulto.
Di più al momento non si sa, rispetto ad identità, sesso, indirizzo e nomi dei soggetti coinvolti. Ma essendo la fonte un giornale con oltre 120 anni di storia, c’è da temere che sia tutto vero. Anche perché l’argomento dell’aspirante sposo – che definisce il tutto una mera questione di «autonomia individuale» – suona terribilmente coerente con la cultura dominante e il tormentone dei “nuovi diritti”, secondo cui tutto ciò che è materialmente possibile è anche bene sia riconosciuto come legale. Che esito avrà quindi questa causa intentata per l’incesto?
Al momento non è dato saperlo. Quello che è certo è che, fino a prova contraria, oggi ai sensi della legge di New York l’incesto è classificato come reato di terzo grado. Per capirci, si rischiano fino a quattro anni di galera oltre al fatto che le unioni incestuose sono ritenute nulle e gli stessi coniugi rischiano sanzioni che vanno da una multa salata fino al carcere. Staremo a vedere, dunque. Anche se le stranezze della nostra epoca ci hanno ormai abituati al fatto che non ci sia più nulla di sicuro.
Per assurdo, quel padre potrebbe insomma davvero vedersi riconosciuto il “diritto” a sposare il figlio. Del resto, già oggi, nel mondo, non c’è unanimità giuridica rispetto alla considerazione dell’incesto. Che, per esempio in Spagna, non è classificato come crimine, mentre in Portogallo il matrimonio è vietato fino al secondo grado collaterale, quindi i fratelli non possono sposarsi, ma gli zii e i loro nipoti sì.
In altri Paesi – Cina, Giappone e Russia – le relazioni incestuose non sono punite ma il matrimonio civile ha, in proposito, delle restrizioni. Viceversa, in Svezia è già consentito il matrimonio tra fratellastri che hanno un padre comune; ma questo previo permesso speciale del governo. Di avviso opposto è invece la legislazione australiana, che con le sue norme prevede le pene più severe contro l’incesto: da quelle parti, una persona condannata può trascorrere più di 20 anni in prigione se commette un crimine di questo tipo.
Tutto questo per ribadire che non c’è nulla di certo, attualmente, sotto il profilo legislativo, neppure con riferimento all’incesto. Se a ciò sommiamo il fatto che nel contesto newyorkese soffia un vento notoriamente liberal, c’è da aspettarsi davvero di tutto. Sylvia Law, docente universitaria di diritto, ha detto al New York Post che «sono noti» casi di genitori che, separati dai figli quando questi ultimi erano piccolissimi, li ritrovano dopo decenni con la possibilità che nascano «relazioni romantiche». Se è così, è facile che i pur rari supporter dell’incesto giocheranno la carta – efficace sul piano mediatico – del caso particolare, che sarebbe crudele ignorare, che è meglio legalizzare per non esser «lasciato nella clandestinità». Mala tempora currunt.
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