Nato nel 1958, educato alla scuola di San Giovanni Bosco a Da Lat, Nguyễn Quốc Phong è rimasto cieco nel 1991 in seguito a un incidente. Negli anni, ha deciso di dedicare la propria vita a persone nelle sue stesse condizioni, senza guardare alla fede professata, all'appartenenza politica o alla condizione sociale. «Questa è la mia vocazione – afferma – Dio me l'ha affidata». Ad oggi vi sono almeno un centinaio di persone che, dopo aver frequentato il Mái Ấm Thiên Ân, hanno saputo trovare un lavoro, integrarsi in società, alcuni di loro si sono anche sposati e hanno creato una famiglia propria.
Un'esperienza di successo in una nazione che conta almeno 4 milioni di persone con disabilità di vario genere; di queste un milione sono non vedenti, tra cui 400mila bambini. Nelle scuole del Paese almeno il 10% degli studenti è cieco e l'opera dei cattolici, in questi anni, è stata preziosa per il loro sviluppo umano e sociale.
In un colloquio con AsiaNews Nguyễn Quốc Phong racconta che gli obiettivi del centro – che accoglie maschi e femmine a partire dai 10 anni – sono quelli di «fornire ai bambini ciechi le migliori condizioni» per sviluppare «il loro potenziale»; essi imparano una professione e si integrano, spiega, conducendo una vita il più possibile normale. «Ed è molto importante per la loro educazione – aggiunge – che insegniamo loro l'alfabeto Braille e l'uso di computer adatti ai non vedenti».
Particolare attenzione, prosegue l'attivista cattolico, viene dedicata ai bambini delle zone rurali e delle aree più povere e remote, che spesso non hanno risorse e mezzi per frequentare la scuola. Oggi sono ospiti del centro 30 bambini ciechi, oltre a cinque giovani che studiano nelle università di Ho Chi Minh City, otto alle superiori, 7 alle elementari e 10 in un centro vocazionale.
La signora Nguyễn Thị Kiều Oanh, un tempo ospite di Mái Ấm Thiên Ân e cieca dall'età di otto anni, sognava di fare l'insegnante e ha saputo concretizzare le proprie aspirazioni, laureandosi in inglese all'università della ex Saigon. All'interno la sensazione che si avverte è quella di essere parte tutti di un'unica famiglia, senza discriminazioni per sesso, razza o religione. Si applica il metodo di Don Bosco, cercando di restituire alla luce quanti «sono passati attraverso il buio e l'oscurità».