Durante i Venerdì di Quaresima, ma con particolare enfasi il Venerdì Santo, il popolo cristiano si riunisce per celebrare il rito della Via Crucis, e fare così memoria del sacrificio che Nostro Signore ha compiuto per la salvezza dell’umanità.
Il Timone presenta oggi, nelle parole di Guido Moscon, la Via Crucis che viene realizzata nel cuore finanziario di Milano, tra i grattacieli che si elevano attorno a piazza Gae Aulenti, con partenza alle 13.15 dal Parco Biblioteca degli Alberi.
Guido, da chi è partita l’iniziativa?
«Il gesto è nato da un gruppo di bancari legati a Comunione e Liberazione. Nel 2012, dal centro di Milano dove lavoravamo, siamo stati trasferiti in piazza Gae Aulenti, nelle torri di Unicredit, e questo ha comportato che non potessimo più spostarci in un giorno lavorativo, com’è il Venerdì Santo, fino in centro per partecipare alla Via Crucis, com’eravamo abituati. Volevamo però continuare a fare memoria, secondo l’educazione che ci ha dato don Luigi Giussani: abbiamo quindi iniziato a frequentare la chiesa di Sant’Antonio, dove alcuni di noi conoscevano il padre guardiano, padre Cesare, e dove abbiamo conosciuto l’attuale commissario per la Terra Santa del Nord Italia».
Poi cos’è successo? Perché dall’interno di una chiesa siete usciti in strada?
«Nel 2013 è nato il desiderio di rendere visibile il segno della Croce in un luogo che dice tutt’altro e, facendo questo, di dare la possibilità alle circa 4.000 persone che lavorano in queste torri di partecipare. Così, quello che era nato come gesto per noi, appunto per fare memoria, è diventata un’occasione per tutti».
Su quale testo meditate la Via Crucis?
«Generalmente utilizziamo un testo di don Giussani, anche se un anno abbiamo utilizzato uno scritto proposto dai padri francescani di Sant’Antonio, con i quali condividiamo il gesto e che invitano sempre anche i loro parrocchiani».
Qual è la reazione della gente alla Via Crucis?
«Ripensandoci a posteriori, posso dire che la prima volta che abbiamo fatto il gesto è successo proprio quello che si è verificato durante la vera Via Crucis: alcune persone hanno girato la faccia dall’altra parte, altre sono andate avanti indifferenti a fare le loro cose, altre invece si sono unite al corteo. Proprio com’è successo a Gesù: c’era chi lo scherniva, chi era indifferente e chi l’ha riconosciuto. La Croce è un segno che si impone, così come vedere tanta gente che la segue e sentire rimbombare nella piazza le meditazioni di Giussani».
Da pochi che eravate all’inizio, adesso quanta gente partecipa?
«L’anno scorso eravamo 5-600 persone. Nel corso degli anni, senza pubblicizzare la cosa, si è sparsa la voce e si sono via via aggregati vari gruppi, singole persone, anche alcuni politici… Negli ultimi anni poi, grazie all’interessamento del Comandante della Stazione dei Carabinieri di zona, abbiamo anche sempre due carabinieri in alta uniforme che scortano la croce».
A livello organizzativo, come gestite questo fiume di gente?
«Naturalmente l’aumento di partecipanti ha portato dei problemi logistici, come per esempio reperire impianti audio sempre più potenti che consentano a tutti di sentire, o stampare sempre più libretti. Vanno poi chiesti i permessi alle autorità competenti, e riguardo a questo aspetto è successo un aneddoto simpatico che, assieme ad altri segni, ci fa dire che siamo sulla strada giusta: quest’anno la Pasqua cade tardi, quindi siamo andati più avanti rispetto al solito all’ufficio competente… e il personale ci stava aspettando, quasi preoccupato che quest’anno non avremmo fatto la Via Crucis!»
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