Lo scorso 8 giugno, come aveva riportato anche il Timone, con 19 voti a favore su 26 complessivamente votanti, l’Assemblea capitolina ha approvato una mozione di Fratelli d’Italia che prevede l’intitolazione di una via a Chiara Corbella Petrillo. Il testo approvato mira a «chiedere al sindaco di Roma Roberto Gualtieri e alla sua Giunta l’intitolazione di un toponimo – una strada, una piazza o un giardino – alla memoria di Chiara Corbella Petrillo, giovane sposa e madre romana proclamata Serva di Dio dalla Chiesa Cattolica nel 2018. La storia, la vita e le opere di Chiara Corbella Petrillo hanno avuto una eco a livello nazionale e internazionale e sono diventate un punto di riferimento per tantissime persone, in particolare per le giovani generazioni».
Ora, il fatto che l’approvazione del documento fosse avvenuta a così larga maggioranza – nonostante ben sei astenuti, tra cui l’ex sindaco Raggi, e un voto contrario da parte di un esponente Pd (quello di Gianmarco Palmieri) – non poteva che ritenersi un segnale positivo, di convergenza su una figura, come quella della Serva di Dio morta nel 2012. Anche perché nessuno si era espresso con dichiarazioni contro tale iniziativa. Questo fino a ieri, quando sul portale dell’Uaar, acronimo di Unione Atei e Agnostici Razionalisti è comparso un lungo articolo di attacco proprio nei confronti dell’iniziativa dell’Assemblea capitolina. L’articolo in questione appare eloquente fin dal titolo: Intesa clericale a Roma per una strada alla “Serva di Dio” simbolo degli integralisti anti-aborto.
Coerentemente con questo titolo, il contenuto dell’intervento è una critica durissima: «Andando al traino della Chiesa e scegliendo di intitolare una strada a Chiara Corbella l’assemblea capitolina ci dice, neanche troppo implicitamente, che l’autodeterminazione è cosa buona e giusta, ma solo quando non turba l’idea di donna, di maternità, di società che ha in mente. Ci dice, un po’ subdolamente ma neanche troppo, che una donna che scegliesse di fare ricorso all’aborto negli unici due casi ammessi dalla legge 194 oltre i 90 giorni (pericolo di vita della gestante e rilevanti anomalie o malformazioni del nascituro) non farebbe male, ma se scegliesse altrimenti farebbe meglio».
«Che questo sia l’orizzonte entro cui si muove l’estrema destra (in Italia e non solo)», conclude l’articolo, «non è una notizia, per quanto inquietante questo orizzonte sia. Di più inquietante c’è solo che gli altri partiti non abbiano nemmeno tentato di porre un argine, non scorgendo (o facendo finta di non scorgere) nella strumentalizzazione politica di questa tragica storia nessun rilievo problematico». Fine. Ora, come dimostrano i passaggi citati in apertura, il testo approvato dall’Assemblea Capitolina non conteneva alcun riferimento alla 194 né, in realtà, neppure all’aborto. Semplicemente, parlava della «storia, la vita e le opere di Chiara Corbella Petrillo» che «sono diventate un punto di riferimento per tantissime persone, in particolare per le giovani generazioni».
Se ne conclude come quello di Unione Atei e Agnostici Razionalisti contro la via che si dedicherà alla Serva di Dio sia un attacco – quello sì – mosso da pregiudizi, e dall’incomprensibile (al di fuori di una visione ideologizzata) ostilità verso l’esempio di una donna che altro non ha fatto, con la sua esistenza, che testimoniare l’amore vero, quello che spinge fino al sacrificio estremo. Dopodiché, certo, Chiara Corbella Petrillo è stata anche una grande testimone della fede. Ma dov’è il problema? Le donne vanno celebrate solo se abortiste, femministe, anticlericali e fieramente atee? Per alcuni, a quanto pare, sì. E la cosa, onestamente, fa abbastanza tristezza.
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