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I vescovi irlandesi: «Niente aborti negli ospedali cattolici». E il governo minaccia
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3 Agosto 2018

I vescovi irlandesi: «Niente aborti negli ospedali cattolici». E il governo minaccia

Gli ospedali cattolici continueranno a difendere la vita e dunque a non praticare aborti. È il messaggio lanciato dai vescovi irlandesi in un documento pubblicato a giugno, il Code of ethical standards for healthcare (Codice di standard etici per l’assistenza sanitaria, per ora reperibile solo nelle librerie Veritas), che a quanto pare è rimasto inosservato fino a un articolo del Times del 25 luglio, la cui redattrice è stata apertamente elogiata su Twitter dal ministro irlandese della Salute, l’abortista Simon Harris (una contraddizione in termini, visto il suo ruolo istituzionale).
Il Codice della Conferenza episcopale irlandese, che ha inviato una copia del documento al governo, afferma che non è lecito partecipare all’aborto né indirizzare una donna a un medico disposto a ucciderle il bambino nel grembo: «Nessuna struttura sanitaria o professionista dovrebbe fornire o indirizzare un paziente verso un aborto, cioè a qualsiasi procedura, trattamento o farmaco il cui scopo principale o unico effetto immediato è quello di terminare la vita di un feto o di un embrione prima o dopo l’impianto. Tali procedure, trattamenti e farmaci sono moralmente sbagliati perché implicano la diretta e deliberata uccisione o un assalto diretto letale a una vita umana innocente nelle prime fasi dello sviluppo».
Il Codice non fa riferimento esplicito al referendum irlandese dello scorso 25 maggio, che ha abrogato l’Ottavo Emendamento della Costituzione eliminando così le protezioni costituzionali al diritto alla vita del nascituro, ma secondo la ricostruzione del Times, oltre a ribadire l’immoralità della contraccezione e affermare che ogni aiuto «moralmente appropriato» alla fecondazione è lecito solo per una coppia sposata (ciò si verifica solo quando, spiega la Donum Vitae, «il mezzo tecnico risulti non sostitutivo dell’atto coniugale, ma si configuri come una facilitazione e un aiuto affinché esso raggiunga il suo scopo naturale»; parte II, B.6), affronta la questione dell’eventuale conflitto tra la legge statale e i diritti «fondamentali e inalienabili» dell’essere umano: una legge che va contro il «bene comune» non richiede obbedienza. Anzi, come ha confermato magistralmente san Giovanni Paolo II nell’Evangelium vitae, alle leggi ingiuste è necessario resistere, obbedendo al Creatore come fecero le levatrici che «temettero Dio» (Es 1, 15-21) e disobbedirono all’ordine malvagio del faraone.
L’ATTACCO DI HARRIS E VARADKAR ALL’OBIEZIONE DI COSCIENZA
Dopo l’articolo del Times, come accennato, il ministro Harris ha scritto un tweet per dire che gli ospedali che ricevono fondi pubblici devono fornire i servizi di salute previsti dalle leggi, sottintendendo lo stesso aborto. «L’obiezione di coscienza è per gli individui, non per le istituzioni», è il parere di Harris, che evidentemente dimentica che le istituzioni – come gli ospedali – sono pur sempre fatte di persone e gli atti che vengono compiuti al loro interno hanno una qualificazione morale, nel bene o nel male. Ora, fino a prova contraria gli ospedali sono nati per salvare e prendersi cura di vite umane, non certo per la loro soppressione, che diverrebbe facilissima nel caso venisse approvata la proposta di legge predisposta dal governo irlandese prima ancora del referendum. Harris intende obbligare gli obiettori di coscienza a indirizzare le donne incinte verso un dottore disposto a praticare l’aborto, il che equivale a collaborare al male. È come se un medico si rifiutasse di prescrivere un cocktail mortale di farmaci a un aspirante suicida e poi gli dicesse: «Aspetta che ti do il numero di un collega disponibile».
Il fatto è inquietante anche perché sulla stessa linea di Harris c’è il primo ministro Leo Varadkar (nella foto in alto), dichiaratamente gay, che nei giorni scorsi ha commentato: «Gli organi religiosi sono ovviamente autorizzati a elaborare le proprie linee guida etiche ma quelle che dovrebbero essere seguite negli ospedali finanziati con fondi pubblici sono quelle del Medical Council [l’ente regolatore della professione medica in Irlanda, ndr] e ciò è quanto mi aspetterei che accadesse». Ma se gli ospedali cattolici rinunciassero ai fondi pubblici, come sarebbe giusto nel caso fosse l’unica possibilità per evitare di applicare una legge iniqua, chi ci guadagnerebbe? I malati bisognosi di cure? No, di certo. Ha detto ancora Varadkar: «La mia idea è che dovremmo separare la Chiesa e lo Stato; che la Chiesa non dovrebbe più essere al centro della vita pubblica, ma non dovrebbe nemmeno esserne esclusa». Quanta grazia… viene da dire.
SCUOLE E OSPEDALI CATTOLICI NEL MIRINO DEL PREMIER IRLANDESE
Pur parlando furbescamente con la logica del «ma anche», dalle parole di Varadkar si capisce che vuole arrivare al controllo statale di scuole e ospedali cattolici, almeno di quelli che ricevono finanziamenti statali, con tanti saluti per la libertà: «Molti dei nostri ospedali sono di proprietà pubblica e finanziati con fondi pubblici, ma molti sono finanziati con fondi pubblici ma non sono di proprietà pubblica». Infine, per esplicitare meglio: «Abbiamo bisogno di lavorare a un processo e a un sistema in un paio d’anni riguardo sia alla salute che all’educazione per far sì che l’approccio sia più appropriato per un paese moderno». Non è difficile capire l’antifona di Varadkar secondo cui la dottrina e morale cattolica non sarebbero adeguate per la «modernità». Beh, rispondiamo limitandoci a 3-4 esempi su innumerevoli.
A PROPOSITO DI CHIESA, EDUCAZIONE E OSPEDALI
Per il campo dell’educazione rimandiamo Varadkar a verificare la quantità e qualità di innovazioni portate da san Giovanni Battista de La Salle (1651-1719), mentre per gli ospedali ricordiamo che sorsero nel Medioevo come strutture aperte a tutti, specialmente ai bisognosi che non potevano permettersi di pagare le cure, grazie alla pietà della Chiesa sgorgata dall’annuncio di Cristo. Varadkar, Harris, il Times, la politica e la stampa ‘liberal’ scopriranno che in Francia, fin dal VII secolo, l’ospedale venne chiamato Hôtel-Dieu (“ostello di Dio”) e l’omonimo nosocomio di Parigi, fondato da san Landerico, è il più antico del mondo a essere ancora in funzione.
Se poi si parla di «modernità», bisognerebbe ricordare a Varadkar e compagni che l’ospedale moderno, con la sua organizzazione in reparti, nasce grazie a san Giovanni di Dio (1495-1550), fondatore dei Fatebenefratelli, patrono universale con san Camillo de Lellis (1550-1614) di ospedali, infermieri e malati. Loro, i pazienti li amavano e li amavano perfino di più se erano fragili e indifesi, vedendo in essi il volto stesso di Cristo. Il quale ha detto: «Ogni volta che avete fatto queste cose a uno solo di questi miei fratelli più piccoli, l’avete fatto a me» (Mt 25, 40). E chi è più piccolo e indifeso del nascituro?

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