Papa Francesco nel suo viaggio in Corea ha compiuto una visita al «Giardino dei bambini abortiti» a Kkottongnae, ovvero un cimitero simbolico formato da dozzine di croci bianche piantate nell’erba. Il senso di questo luogo e il motivo del gesto sono stati spiegati da Steven W. Mosher, presidente del Population Rsearch Institute.
La Corea del Sud è il Paese con il più alto tasso di aborti al mondo. Secondo alcuni dati nel 2012 gli aborti sono stati ben 340mila a fronte di 440mila nascite (la popolazione è di circa 50 milioni). Si calcola che almeno 20 milioni di bambini siano stati abortiti nell’ultimo mezzo secolo.
Le radici di questa tragedia risalgono agli anni ’60, anni di delirio neo-malthusiano, quando il Paese fu soggetto a pressioni fortissime da parte degli Stati Uniti per attuare politiche di controllo delle nascite. La Corea del Sud non era «sovrappopolata», come sostenevano demografi ed economisti appunto neo-malthusiani, era solo poverissima. E del tutto ricattabile: dipendeva infatti dagli USA sia per gli aiuti economici che per quelli militari, nella sua guerra fredda con la Corea del Nord.
La propaganda per il controllo della nascite venne iniettata a dosi massicce nella società e introdotta nelle scuole, con l’aborto che divenne presto il metodo di «contraccezione» più diffuso. Le coppie con più di due figli divennero oggetto di biasimo, mentre i funzionari del governo e della pubblica amministrazione erano puniti con il licenziamento. Una vera e propria politica del figlio unico, apparentemente meno brutale di quella maoista, ma non meno efficace.
Risultato di tutto ciò: oggi la Corea del Sud ha anche uno dei tassi di natalità più bassi al mondo ed è tra i Paesi che invecchiano più rapidamente. Proprio ora che ha raggiunto uno slancio economico mai visto nella sua storia, si ritrova con un drastico restringimento della base lavorativa e della fascia di popolazione che alimenta i consumi interni. E gli anziani aumentano, là dove welfare e pensioni sono ancora assai ridotti ed è venuto meno il tessuto familiare tradizionale che era il naturale riparo nell’ultima fase della vita.
A questo proposito Peter Kang U-il, vescovo di Cheju e presidente della Conferenza episcopale coreana, ha detto che ci si trova di fronte né più né meno che a un «disastro nazionale».