Tra il 12 e il 14 novembre, a Baltimora, si è svolta l’annuale assemblea generale dei vescovi degli Stati Uniti. Un incontro che quest’anno assumeva una valenza particolare, dato il clamore suscitato nella Chiesa a seguito dell’emergere degli scandagli sugli abusi che vedono coinvolti anche alti esponenti del clero e che sono stati evidenziati dapprima dal rapporto del Gran Giurì della Pennsylvania e in seguito dal dossier reso pubblico dall’ex nunzio Apostolico degli Stati Uniti, Monsignor Carlo Maria Viganò.
Tuttavia, l’esito dei lavori dei 196 vescovi è stato segnato in maniera determinante da una comunicazione – a firma del prefetto della Congregazione per i vescovi, cardinale Marc Ouellet – arrivata dal Vaticano nel pomeriggio di domenica e divulgata all’Assemblea dal presidente dei vescovi americani il giorno seguente: «Su insistenza della Santa Sede», ha annunciato il cardinal Daniel DiNardo, «non voteremo sui due punti di azione nel nostro dossier riguardante la crisi degli abusi». Un ordine, questo, che ha suscitato diversi malumori tra i vescovi americani, perplessi sulla “liquidità” del concetto di sinodalità, così spesso invocata da papa Francesco, ma in questo caso apparentemente disattesa. Tutto rimandato a febbraio, dunque, quando papa Francesco incontrerà i presidenti delle Conferenze episcopali del mondo per un approfondito confronto sul tema della lotta agli abusi.
Di fronte a questa presa di posizione del Vaticano, ad ogni modo, vi è anche chi propone una spiegazione “temporale”: i documenti sarebbero arrivati tardi alla Santa Sede e questo, secondo il vaticanista Andrea Tornielli, ne avrebbe impedito un’analisi puntuale, soprattutto in relazione ad alcune problematiche che pare possano esserci rispetto alla natura di alcuni passaggi. Una fonte coinvolta nella vicenda e sentita da Vatican Insider ha inoltre puntualizzato: «È sbagliato pensare che la Santa Sede non condivida l’obiettivo dei vescovi statunitensi, quello di avere strumenti efficaci per combattere il fenomeno degli abusi sui minori e stabilire dei punti fermi per quanto riguarda la responsabilità degli stessi vescovi. Il motivo della richiesta di rinvio non va considerato una frenata, ma l’invito a valutare meglio i testi proposti, anche in vista dell’incontro di febbraio tra tutti i presidenti delle Conferenze episcopali del mondo con il Papa dedicato alla lotta agli abusi. Bisogna raggiungere nel migliore dei modi l’obbiettivo finale».
Ad ogni modo per il cardinale di New York Timothy M. Dolan, pur non nascondendo la sua e altrui delusione per la mancata votazione sulle proposte per contrastare gli abusi, l’assemblea dei vescovi ha reagito nella maniera giusta di fronte al veto giunto dal Vaticano, mantenendo desta la consapevolezza che era comunque possibile affrontare il tema in maniera fruttuosa ed elaborare un orientamento in vista dell’incontro di febbraio con il Papa. «Penso che noi vescovi negli Stati Uniti», ha affermato, «continuiamo a ricordarci: “Whoa, aspetta un attimo, siamo cattolici. Siamo membri della chiesa universale e siamo un piccolo segmento della chiesa universale”. Sappiamo che qui negli Stati Uniti, questo non è solo un problema cattolico. Stiamo parlando dell’abuso sessuale dei minori. È un problema in ogni religione, in ogni organizzazione, in ogni famiglia, in ogni istituzione, in ogni scuola. Non è solo un problema cattolico… né è solo un problema americano. Ora sappiamo che è in tutto il mondo. Quindi penso a ciò che il Santo Padre sta dicendo: “Aspetta un minuto, non vogliamo che tu vada troppo avanti qui. Apprezziamo quello che stai facendo negli Stati Uniti, ma vogliamo che tu faccia parte della discussione universale”». In definitiva, dunque, per Dolan «il Vaticano ha avanzato la sua richiesta <mossa> da un “desiderio benevolo”».
Un ultimo cenno rispetto all’assemblea generale dei vescovi degli Stati Uniti va infine fatto rispetto all’appello inviato ai partecipanti, prima della chiusura dei lavori, dall’arcivescovo Carlo Maria Viganò: «Cari Fratelli Vescovi negli Stati Uniti, Vi scrivo per ricordarvi il sacro mandato che vi è stato dato il giorno della vostra ordinazione episcopale: condurre il gregge a Cristo. Meditate su Proverbi, 9-10: “Il timore del Signore è l’inizio della saggezza!”. Non comportatevi come pecore spaventate, ma come pastori coraggiosi. Non temete di alzarvi e di fare la cosa giusta per le vittime, per i fedeli e per la vostra salvezza. Il Signore renderà a ognuno di noi secondo le nostre azioni e omissioni. Sto digiunando e pregando per voi».
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