Quando si parla di esseri umani, dal concepimento alla morte naturale, sarebbe sempre meglio contare fino a 100.000 prima di sparare parole. Si entra, infatti, in uno spazio sacro e bisognerebbe premunirsi di fronte alla facile via della figura di palta e alla ancor più rischiosa strada dei titolisti interessati.
Il neo candidato alle europee della Lega, generale Roberto Vannacci, e il ministro della famiglia, Eugenia Roccella, in modo diverso, ma con il medesimo effetto straniante, nei giorni scorsi si sono avventurati in questo sentiero periglioso.
Il generale Vannacci nell’intervista concessa a La Stampa ha detto «che delle classi con caratteristiche separate aiuterebbero i ragazzi con grandi potenzialità a esprimersi al massimo, e anche quelli con più difficoltà verrebbero aiutati in modo peculiare. Non è discriminatorio».
Sarà anche lapalissiano, caro generale, ma a noi questa non sembra per nulla una grande idea, anzi. La senatrice della Lega Erika Stefani ha risposto a Vanancci rimettendo le cose al loro posto: «la persona con disabilità ha diritto di frequentare la scuola, ha diritto di crescere insieme con gli altri in un meccanismo dove la inclusione è un principio ed un obiettivo». Probabilmente (ora?) anche il generale è d’accordo, ma quelle sue parole, anche al netto delle precisazioni, ci sembrano proprio tristi.
Il Ministro per la Famiglia Eugenia Roccella a margine del dibattito “Obiettivo natalità” tenutosi in seno alla conferenza programmatica di FdI di Pescara, invece, ha detto che «far sentire il battito del nascituro a una donna che sta andando ad abortire certamente non è un modo per aiutare le maternità difficili». Inoltre, ha definito questa come una «cattiva prassi medica».
La questione politicamente è spinosa, ma dal punto di vista umano le cose sono chiare. Non c’è nemmeno bisogno di scomodare un ecografista. Come disse papa Francesco in un’intervista all’emittente spagnola Radio Cope del 2021, «in qualsiasi manuale di embriologia dato a uno studente di medicina alla scuola di medicina si dice che, nella terza settimana di concepimento, a volte prima che la madre si renda conto [di essere incinta], tutti gli organi dell’embrione sono già delineati, anche il Dna. È una vita. È una vita umana». Perché dovremmo definire una «cattiva prassi medica» quella della verifica di un fatto reale?
Uno, due, tre… cominciare la conta fino a 100.000 prima di parlare di esseri umani, concepiti o disabili, sarebbe davvero una prassi salutare. (Foto Imagoeconomica)
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