«Odi et amo», verrebbe da dire con Catullo, guardando a due fatti contrapposti che hanno avuto luogo in questi giorni in Spagna. (S)oggetto del “contendere”? Gesù Cristo fattosi carne nel presepe. Il piccolo Bambinello, che tra pochi giorni oltre due miliardi di cristiani celebreranno nel Santo Natale e che non lascia indifferenti: c’è, appunto, chi Lo ama e chi di contro Lo attacca.
Ma andiamo alla cronaca, partendo – possiamo dire – dalla “pars destruens”.
Il primo episodio è avvenuto a Calahorra, un comune di poco più di 20.000 abitanti nel nord della Spagna, nella comunità autonoma di La Rioja. Qui, la settimana scorsa, un uomo incappucciato, in pieno giorno, si è introdotto, scavalcando la bassa recinzione posta a tutela, all’interno del presepe cittadino e, “armato” di un martello, lo ha letteralmente fatto a pezzi. L’azione vandalica è stata documenta da un video registrato da alcuni residenti (è possibile visualizzarlo qui). Nelle immagini, nitide, è possibile quindi vedere il giovane che, con astio, si accanisce sui diversi elementi costitutivi del presepe e li colpisce con forza. Il tutto, è importante rilevarlo e sottolinearlo, nell’indifferenza di molti: sullo sfondo delle riprese, infatti, è possibile vedere dei passanti che camminano incuranti di quanto sta avvenendo.
Ad ogni modo, proprio grazie ai video registrati, la polizia è riuscita a identificare il vandalo, denominato il “Grinch di Calahorra”, e ad arrestarlo: si tratta, a quanto si apprende, di una persona della città, non di un immigrato come era stato ventilato sui social, affetta da disturbi mentali.
Il secondo episodio, e arriviamo così alla “pars costruens” di questo Avvento ormai quasi al termine, ci fa spostare a 350 kilometri in direzione sud, fino a Madrid. Qui, precisamente nella piazza Puerta del Sol, è stato infatti realizzato – da quaranta volontari dell’Associazione presepisti che hanno profuso il loro impegno per nove mesi, giusto il tempo di una gestazione a termine – un presepe enorme, “walk-in”: «Su una superficie di 155 mq», riporta il Tagespost, «310 figure realizzate in polistirolo, gesso, legno e sughero creano diverse scene; sabbia, piante e acqua sono state utilizzate per i paesaggi».
E la rappresentazione non si ferma al “solo” evento di Betlemme di duemila anni fa, ma vede l’integrazione con eventi precedenti e successivi nel tempo: «Il santo locale Isidoro», leggiamo ancora sul quotidiano tedesco, «canonizzato 400 anni fa, è mostrato nella scena iniziale mentre prega in un campo. Altre scene sono quelle dell’Annunciazione di Maria, la sua visita ai parenti Elisabetta e Zaccaria e la ricerca di un ostello a Betlemme».
Questo enorme presepe, che ha la funzione di consentire alle persone, pur nella frenesia del quotidiano e in un luogo solitamente adibito ad altri scopi, di potersi immergere, anche fisicamente, nell’evento del Natale, è stato inaugurato martedì 29 novembre, due giorni dopo l’inizio dell’Avvento. Durante la cerimonia ha preso la parola la presidente della Comunidad de Madrid, Isabel Díaz Ayuso, la quale ha ricordato che noi adulti, al contrario dei bambini, «corriamo il rischio di perdere il senso di chi siamo e da dove veniamo», di non vivere appieno la magia del Natale. Eppure, ha continuato la Ayuso, l’evento che si celebra il 25 dicembre è e continua a essere importante per tutta l’umanità, in quanto permette di guardare a ogni persona con uno sguardo nuovo: a Betlemme nasce un «Dio umano e storico come noi». E «questo, che si abbia fede o meno, è un fatto che cambia per sempre il modo in cui ci guardiamo e in cui viviamo. Perché, come osservò Julián Marías, se Dio stesso si è fatto uomo significa che essere uomo è la cosa migliore che si possa essere. Così la dignità dell’essere umano ha messo l’asticella nel punto più alto. Da allora non si può più tornare indietro sulla necessità di considerare ogni vita umana come qualcosa di prezioso e insostituibile. Nessuno è di troppo in questo mondo, e nessuna vita merita meno di altre di essere vissuta».
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