Con 173 voti favorevoli e 71 contrari è passato dunque il maxiemendamento sulle unioni civili imposto dal governo grazie all’accordo tra il presidente del Consiglio Matteo Renzi e il segretario dell’NCD Angelino Alfano. Determinanti sono stati anche i voti di 18 senatori del gruppo Ala, quello di Denis Verdini. Ora il testo passa alla Camera, dove la maggioranza Pd è schiacciante e si dovrebbe arrivare velocemente a trasformare il ddl in legge.
Come abbiamo già scritto ieri quello approvato al Senato è un pessimo testo, che solo con molta fantasia si può definire un compromesso. Lo stralcio della stepchild adoption si è trasformato in qualcosa di peggio visto che ora i giudici hanno il potere di decidere anche sull’adozione in generale per le coppie omosessuali. E la cancellazione dell’obbligo di fedeltà nelle relazioni gay – che nelle intenzioni servirebbe per differenziare le unioni civili dal matrimonio – rischia di ritorcersi proprio contro la famiglia naturale: un gruppo di parlamentari PD (tra cui non poteva mancare la Cirinnà) ha già pronto un ddl di una sola riga, che prevede la cancellazione dell’obbligo di fedeltà dal codice civile, ovvero anche nei rapporti matrimoniali.
A fronte di tutto ciò Alfano continua a parlare trionfante come se avesse strappato chissà quale successo, non facendosi venire qualche dubbio neanche davanti alle durissime parole di Massimo Gandolfini, presidente del Comitato Difediamo i Nostri Figli, che parla di tradimento del popolo del Family Day, consumato con «una strategia antidemocratica e una cultura menzognera». «Il maxiemendamento – ha detto Gandolfini – tradisce le richieste del Family Day perché di fatto introduce il matrimonio gay in Italia. Per quanto riguarda il metodo, si tratta di una pratica inaccettabile e sconcertante».
Alla fine di questa lunga maratona è comunque giusto ringraziare quei pochi parlamentari che si sono battuti fino all’ultimo contro questo sopruso, che hanno confidato almeno (seppur invano) nel rispetto delle regole parlamentari, che hanno cercato di proporre le loro ragioni malgrado il governo abbia cercato di tagliare in tutti i modi la discussione: oltre al gruppo della Lega, bisogna ricordare almeno i senatori Carlo Giovanardi e Lucio Malan.
Per quanto ci fosse la possibilità in Senato di arrivare a un risultato migliore, sono stati stritolati dall’insana alleanza di partiti e parlamentari (anche cattolici) decisi a varare una legge che promuova le unioni civili. Ed è utile ricordare tutti i protagonisti di questa triste svolta dell’Italia:
Matteo Renzi e il PD: è certamente il colpevole numero uno. Spalleggiato dall’inseparabile ministro Maria Elena Boschi, è ferocemente determinato a portare a casa il successo sulle unioni civili, come se dovesse accontentare qualcuno da cui dipende la sopravvivenza al governo. Il voto di fiducia sul maxi-emendamento è stato soltanto l’ultimo espediente per tappare la bocca a chi si oppone, ricompattando il proprio partito attraversato da molte tensioni e mal di pancia. Come segretario del Pd è stato l’artefice della violazione della Costituzione laddove fissa le procedure per varare una legge: procedure saltate, Parlamento usato come fosse al proprio servizio, e imposizione di un voto di fiducia che non avrebbe neanche potuto proporre (sempre secondo la Costituzione) perché formalmente non si trattava di un decreto del governo. Ha commentato il voto del Senato affermando che «ha vinto l’amore», facendo il verso al “love is love” (l’amore è amore) del presidente americano Barack Obama. Affermazione comunque da brivido se passa l’idea che il Parlamento debba giudicare l’amore.
Angelino Alfano e l’NCD: L’ultima perla è stata, dopo il voto di ieri sera, citare l’enciclica Evangelium Vitae di Giovanni Paolo II, che al numero 73 afferma: «Quando non fosse possibile scongiurare o abrogare una legge (intrinsecamente ingiusta), un parlamentare la cui personale assoluta opposizione… fosse chiara e a tutti nota, potrebbe lecitamente offrire il proprio sostegno a proposte mirate a limitare i danni di una tale legge e a diminuire gli effetti negativi sul piano della cultura e della moralità pubblica. Così facendo infatti non si attua una collaborazione illecita a una legge ingiusta, piuttosto si compie un legittimo e doveroso tentativo di limitarne gli effetti iniqui».
Tale passaggio in realtà si riferiva al caso dell’aborto, ma Alfano dimentica che già le parole citate escludono questa giustificazione, perché si fa il caso in cui sia impossibile scongiurare o abrogare una legge: sul ddl Cirinnà la possibilità di fermarla c’era, ma Alfano e i suoi hanno voluto questa legge, convinti che comunque la regolazione di queste unioni sia doverosa (cosa più volte ripetuta).
Alfano dimentica inoltre tutta la prima parte del no. 73 della Evangelium Vitae che raccomanda, dinanzi a leggi ingiuste, l’obbedienza a Dio piuttosto che agli uomini, l’opposizione chiara alla legge fino all’obiezione di coscienza, «la forza e il coraggio di andare in prigione o essere ucciso di spada». È evidente invece che semmai Alfano dovesse andare in prigione non è certo per la difesa della famiglia e della vita. Per puro calcolo politico (leggi: poltrone) l’NCD non ha mai preso in considerazione la possibilità di impedire al ddl Cirinnà di arrivare in porto, ha solo cercato qualche modifica sperando di salvare capra e cavoli: il posto al governo e il sostegno del mondo cattolico. Perderà tutti e due.
Denis Verdini. Di lui parliamo a parte ma ricordiamo quanto i suoi voti (18) siano stati determinanti per far passare il maxi-emendamento in Senato.
Piero Grasso: Il presidente del Senato si è comportato in un modo scandaloso, favorendo in tutti i modi l’aggiramento di norme costituzionali e regolamenti che avrebbero rallentato la corsa del ddl Cirinnà. Così il Senato ha approvato un provvedimento che non è mai stato discusso, né in Commissione né in Aula, e Grasso invece di fare l’arbitro ha preso parte direttamente alla gara.
La Chiesa italiana: Grande protagonista di questi ultimi mesi è stato il segretario della Cei, monsignor Nunzio Galantino, che arrogandosi un potere che gli Statuti della Conferenza episcopale non gli riconoscono, ha guidato le voci nella Chiesa che chiedono il sì alle unioni civili e il no alle adozioni, evitando di portare confusione tra unioni civili e matrimonio. Galantino è stato l’interlocutore privilegiato dei parlamentari cattolici del centro-sinistra e dietro di lui altri vescovi hanno recentemente invitato al compromesso per evitare lacerazioni nella società. A conferma di questa lettura, si noti l’imbarazzo del quotidiano Avvenire (sotto il diretto controllo di monsignor Galantino) che ieri – non volendo criticare il contenuto del maxi-emendamento – ha criticato (ma in punta di penna, come si dice) la decisione di procedere con il voto di fiducia.