Ci risiamo. I matrimoni finiscono per colpa di Facebook e Twitter. La gente si mette le corna grazie alla facilità, prima sconosciuta, con cui i social network consentono approcci e trame (più o meno) nascoste. Galeotto fu quel post.
Ma sarà davvero così? O forse, come ci capita spesso, tendiamo ad assegnare ai nuovi ecosistemi con cui abbiamo a che fare unariedizione edulcorata e deresponsabilizzata dei vecchi, immarcescibili vizi?
La Cbs, come riporta Paolo Mastrolilli sulla Stampa, ha per esempio raccontato di un matrimonio di Chicago andato in pezzi perché il marito aveva detto alla moglie che nel successivo fine settimana sarebbe andato a trovare la madre in Michigan. Poi, con lungimiranza degna di uno stratega militare, ha pubblicato unoscatto insieme all’amante. A Las Vegas. Un altro è saltato per responsabilità della moglie che – eventualità assai più comune – impegnata nel lancio dei profili social di una nuova azienda ha ripescato su Facebook un paio di ex fidanzati con cui ha rispolverato antiche nostalgie condivise. Il marito se n’è accorto e la faccenda si è complicata.
Una rilevazione di Censuswide che in fondo vale quel che vale, cioè pochino, riporta comunque che ben un matrimonio su settesalterebbe per questioni legate ai social media. Non è la prima indagine sul tema e, c’è da scommetterci, non sarà l’ultima. Già lo scorso autunno erano passati all’attacco i matrimonialisti italianiche col loro centro studi avevano spiegato come le piattaforme sociali rientrerebbero in un modo o nell’altro in circa il 40% delle cause di divorzio nostrane.
Rimanendo a Censuswide, la stessa percentuale di mariti e mogli ha ammesso di utilizzare proprio Facebook & co. per controllare possibili infedeltà del coniuge. Addirittura una persona su cinque– e questo è forse l’elemento più interessante, perché spiega l’invasività quotidiana di mondi che si accavallano e sovrappongono senza trovare una convivenza possibile – sostiene di litigare ogni giorno col marito o con la moglie per faccende riguardanti l’utilizzo dei social. Insomma, saranno probabilmente numeri esagerati – anche se per molti sarebbero addirittura sottostimati – ma il problema esiste. Il fatto è che esisteva pure prima ma probabilmente rimaneva latente. Oggi basta una chat privata per stuzzicarlo.
La realtà sembra dunque biforcuta. I social network non hanno certo prodotto il bullismo né i tradimenti (matrimoniali o meno, poco cambia) né diverse altre fattispecie poco lusinghiere che sempre più spesso vengono loro imputate. In maniera perfino illogica e comica. Anche perché, come si dice, la responsabilità èpersonale. Insomma, non è certo colpa di Zuckerberg se hai sentito il bisogno – perché poi in fondo di quello si tratta, ed è su quell’aspetto che bisognerebbe farsi qualche domanda – di riallacciare i contatti con la ex, andare a caccia di flirt compulsivi che neanche su Tinder o Badoo o alfine dichiararti alla vecchia compagna di classe che ti aveva sempre intimidito fino a trasferire la cosa dalle chat a qualcosa di più profondo. Tradendo evidentemente la fiducia e il rispetto di qualcuno.
D’altra parte, lo raccontiamo da sempre, ecosistemi e inediti ambienti con cui ci troviamo a che fare rischiano spesso dirimescolare non poco le nostre prassi quotidiane. Il problema nasce quando insieme all’uso intensivo di alcuni servizi qualche anno fa meno diffusi o addirittura inesistenti, o meglio anche a causa di quell’uso, rimettiamo in discussione i nostri valori e lescelte che abbiamo fatto. Il che non è detto debba per forza avere una connotazione negativa. Anzi. Rimane però il dubbio che senza certe opportunità forse non ci saremmo arrivati.