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Un bel romanzo affresca la «controchiesa» del PCI tra «provvidenza rossa» e «peccati laici»
NEWS 29 Marzo 2016    

Un bel romanzo affresca la «controchiesa» del PCI tra «provvidenza rossa» e «peccati laici»

di Gianluigi da Rold

 

Le ricerche, i documenti, i saggi sono sempre un aiuto concreto, spesso indispensabile, per una ricostruzione storica e per comprendere un'epoca. Ma qualche volta è il romanzo, un racconto ben congegnato e ben scritto, che ti sa spiegare e soprattutto ti fa cogliere quello che si definiva "lo spirito del tempo". Lodovico Festa, eccellente giornalista, tra i tanti meriti ottimo direttore de Il Foglio per alcuni anni, ma soprattutto ex funzionario e quadro dirigente del Pci, sforna a sorpresa un giallo, un grande giallo ambientato nella Milano dell'autunno 1977.

La provvidenza rossa (Sellerio, 2016) è un racconto che si snoda dal 31 ottobre al 17 novembre, tra un delitto, una indagine parallela e una soluzione impensabile per i comuni mortali, che si potrebbe definire veramente "provvidenziale" per logica squisitamente politica. Intorno al fatto, del tutto immaginato, ruota la realtà e la mentalità di un partito, il vecchio Pci, che è quasi un "mondo a parte" (con tanti protagonisti di fantasia per nome, ma affettuosamente riconoscibili per ruolo e comportamento) nella grande Milano di quegli anni, un periodo storico concitato e importante.

In una strada del quartiere Sempione, una zona bella, con alcuni tratti popolari, ma anche zone eleganti, un pezzo di Milano carico di storia, una mattina viene uccisa nel suo chiosco una fioraia, Bruna Calchi. E' una donna bella, giovane, emancipata, decisa e piena di iniziative. E' una compagna comunista iscritta proprio alla "Sezione Sempione" del Pci, dove è ben conosciuta per il suo attivismo e apprezzata. E' non solo una dirigente della "Sezione Sempione", ma anche la dirigente di un circolo dell'Arci. In più si occupa di teatro. Insomma una donna moderna che vive in prima fila e non disdegna una modernità sessuale che qualche mala lingua definisce "bulimica".

Il delitto ha connotati a prima vista impensabili e incredibili anche per la polizia. La Bruna è stata uccisa, di mattina, con una mitragliata che l'ha colpita per sette volte ed è partita da un'arma che ci vuole del tempo a identificare, perché era quasi dimenticata dalla storia: niente meno che una Maschinenpistole, i famosi Mp 40 usati dai soldati tedeschi della Wehrmacht. Vicino al corpo di Bruna Calchi c'è, con una strana simbologia, una copia dell'Unità.

Siamo nell'autunno del 1977. Alla vigilia della primavera successiva, il 16 marzo del 1978, verrà sequestrato il presidente della Dc, Aldo Moro, che sarà proletariamente "giustiziato". Si vive quindi un periodo in cui qualsiasi delitto, con un iscritto a un partito come vittima, non può che rappresentare una criminale provocazione politica di avversari estremisti, di estrema sinistra, uomini delle Br, o di fascisti dell'estrema destra.

La polizia, con bravi funzionari e investigatori, svolge la sua indagine, ma il "mondo comunista", il "mondo a parte" di cui si parlava, con le sue idealità e i suoi vistosi peccati, svolge un'indagine parallela, in modo più rapido della stessa polizia, per stilare la sua verità, qualunque essa sia.