Tra tre giorni il mondo ricorderà il triste anniversario dell’inizio della guerra tra Russia e Ucraina, avvenuto appunto il 24 febbraio dello scorso anno. In questi dodici mesi i costi sono stati enormi: quasi 300.000 vittime stimate, intere città e villaggi distrutti, miliardi di euro e dollari investiti per finanziare la guerra, conseguenze a cascata sull’economia su scala mondiale…
Eppure, nonostante i vari contatti diplomatici intercorsi, a giudizio di molti il dato di realtà è che non si è fatto abbastanza per far sì che questo salasso in primis umano possa avere fine, non si è investito abbastanza in un’opera comune di negoziato, ma anzi spesso si è gettata benzina sul fuoco. Ed è così che, un anno dopo, la guerra è ancora in atto. E non pare si possa creare, quantomeno nel breve periodo, uno scenario differente.
VOCI PER UN NEGOZIATO POSSIBILE
Eppure, l’ipotesi di un negoziato si fa sempre più pressante, quale unica e migliore ipotesi per uscire da un conflitto durato fin troppo. Di questa idea è il capo degli Stati Maggiori congiunti, generale Mark Milley, che in un’intervista rilasciata giovedì 16 febbraio al Financial Times sottolineava come né la Russia, né l’Ucraina possano sperare di “vincere” sull’altro, da un lato «conquistando l’Ucraina» e dall’altra «cacciando i russi da tutto il territorio».
In tal senso, l’unica possibilità è quella di giungere a un negoziato, che potrebbe consistere nella cessione del Donbass in mano russa. Una tesi, questa, che il generale aveva avanzato già nell’autunno scorso, venendo sommerso di critiche, ma che ora è tornato a proporre, evidentemente alla luce di una maggior accettazione dell’ipotesi. In seguito, e accanto, a queste affermazioni a stelle e strisce, nella giornata di sabato 18 febbraio si è levata anche la voce del primo ministro ungherese Viktor Orban: «Siamo rimasti in due (nel “fronte della pace”, ndr): Ungheria e Vaticano».
Rilevando così come, con il passare dei mesi, sempre più Paesi – cui si aggiunge ora la Germania – si siano «in maniera indiretta» coinvolti nella guerra con l’invio di armi, andando di fatto così a fomentare la situazione di belligeranza, anziché aiutare i due Paesi in guerra a raggiungere un negoziato. Negoziato più volte invocato e auspicato, appunto, anche da papa Francesco, come all’Angelus di Capodanno, quando aveva affermato: «No alla guerra, no al riarmo. Intollerabile il conflitto in Ucraina».
BIDEN PER LA PRIMA VOLTA IN UCRAINA
Intanto ieri, 20 febbraio, a sorpresa, il presidente americano Joe Biden si è recato per la prima volta dall’inizio della guerra in Ucraina. Il segnale dato al mondo è chiaro, ed è stato fissato dal presidente americano stesso in un Tweet: «Mentre il mondo si prepara a celebrare il primo anniversario della brutale invasione dell’Ucraina da parte della Russia, oggi sono a Kiev per incontrare il presidente Zelensky e riaffermare il nostro fermo e instancabile impegno per la democrazia, la sovranità e l’integrità territoriale dell’Ucraina».
I due presidenti, ha affermato il consigliere per la sicurezza nazionale americana, Jake Sullivan, hanno avuto un «lungo colloquio», durante il quale si sarebbero confrontati sui «prossimi mesi di guerra», e sulle necessità dell’Ucraina per farvi fronte, e su come giungere a una «pace giusta e durevole».
Ecco quindi tornare anche a livello “ufficiale” l’ipotesi di convergere su un negoziato, seppur non meglio circostanziato, per porre fine a una guerra durata troppo a lungo: vedremo se alle parole seguiranno i fatti. Anche alla luce del fatto che, sempre ieri, in una intervista a Die Welt, Zelensky ha detto apertamente che se la Cina sosterrà la Russia sarà Terza guerra mondiale.
E intanto oggi è il turno di Giorgia Meloni, anche lei in visita dal presidente Zelensky.
IN PREGHIERA DURANTE LA QUARESIMA
Di fronte al protrarsi dunque della guerra, i vescovi ucraini si sono fatti promotori di un’iniziativa rivolta a tutti i cattolici per il tempo di Quaresima, che inizia domani con la celebrazione delle Ceneri: l’invito è quello, si legge nel messaggio dei prelati, di «intraprendere il cammino della preghiera, del rinnovamento e del pentimento. La strada per riportare la pace in Ucraina, e nei nostri cuori, non sarà facile, ma sarà salvifica per tutti noi». La proposta è molto concreta: ogni mercoledì e venerdì di Quaresima, digiunare a pane e acqua.
«Crediamo», hanno proseguito, «che il nostro Padre celeste ascolterà la preghiera sincera che offriamo con una sola mente e perseveranza». E la speranza di tutti è che, dopo la Pasqua in guerra del 2022, quella del 2023 possa essere celebrata in un rinnovato contesto di pace.
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