Di Carlo Caffarra*
Ogni volta che celebriamo l’Eucarestia, noi preghiamo perché siamo accolti nel Regno del Padre «i nostri fratelli defunti e tutti i giusti che in pace» che con Dio «hanno lasciato questo mondo». Compiamo in questo modo un supremo atto di carità. Infatti, «coloro che muoiono nella grazia e nell’amicizia di Dio, ma sono imperfettamente purificati … vengono sottoposti, dopo la loro morte, ad una purificazione, al fine di ottenere la santità necessaria per entrare nella gioia del cielo» (CCC). La fede della Chiesa ci insegna che noi possiamo aiutarli in questa intima purificazione della loro persona, con le nostre preghiere, con le elemosine e con le indulgenze affinché possano giungere alla visione del Volto di Dio. «Rechiamo loro soccorso» ci ammonisce S. Giovanni Crisostomo «e ricordiamoli … Non esitiamo a soccorrere coloro che sono morti ed ad offrire per loro le nostre preghiere». Siamo richiamati a questo dovere soprattutto oggi e durante questi giorni: da noi aiutati, i nostri fratelli defunti non dimenticheranno il bene loro fatto.
Ma l’annuale commemorazione di tutti i defunti, non può non porre ciascuno di noi di fronte al mistero della morte, alla morte come esperienza che svela la verità ed il significato della vita. Ed è questa verità che ci viene rivelata dalla parola di Dio, questa sera. La nostra esistenza, la nostra persona è stata donata fin dalla sua origine al Cristo come ci viene insegnato dal Vangelo: «Tutto ciò che il Padre mi dà, verrà a me». Ciascuno di noi infatti non è venuto all’esistenza per caso, ma è stato personalmente pensato e voluto dal Padre fin dall’Eternità. E’ stato pensato e voluto in ordine a Cristo, nel senso che ciascuno di noi è stato pre-destinato a d essere figlio del Padre ad immagine del Figlio unigenito. Nel fondo del nostro essere dimora questa relazione a Cristo, questa vocazione ad essere conformi a Lui. Il Padre ci ha pensati, ci ha voluti in Lui; ci ha dato a Lui.
Questa nostra appartenenza radicale a Cristo, che esprime la volontà del Padre su di noi, fa sì che ciascuno di noi sia immensamente prezioso agli occhi suoi. Se il pastore lascia le novantanove pecore nell’ovile per andare a cercare l’unica che era rimasta fuori e si era perduta, quanto più è volontà del Padre che non si perda nulla di ciò che è stato affidato al Cristo. Se la donna mette a soqquadro tutta la casa per ritrovare quell’unica moneta che delle dieci che possedeva, aveva perduto, quanto più il Padre metterà a soqquadro l’intero ordine dell’universo per ritrovare anche uno solo dei suoi piccoli.
Proprio così! L’intero ordine delle cose è stato messo a soqquadro. Ascoltate S. Paolo: «a stento si trova chi sia disposto a morire per un giusto; forse ci può essere chi ha il coraggio di morire per una persona dabbene. Ma Dio dimostra il suo amore verso di noi perché, mentre eravamo ancora peccatori, Cristo è morto per noi» (Rom. 5,7-8). E’ il Figlio che va a cercare chi si era perduto nella morte, e che per questo entra egli stesso nella morte, per ricondurci alla vita. Egli infatti è sceso dal cielo non per fare la sua volontà, ma la volontà di Colui che lo ha mandato. «E questa è la volontà di Colui che mi ha mandato, che io non perda nulla di quanto egli mi ha dato», ma anzi la volontà del Padre è che chiunque crede in Cristo abbia la vita eterna. La leggerezza del nostro essere è solo apparente, alla fine. Tutto finirà; tutto andrà perduto: ma nessuno di noi finirà. Tutto il nostro essere è fondato su una incredibile disposizione divina; è sostenuto da una forza che è più forte di ogni potere avverso: l’Amore di Dio-Padre che si manifesta in Cristo.
«Spera nel Signore, sii forte, si rinfranchi il tuo cuore e spera nel Signore»: sii infatti persuaso che né morte né vita, né angeli né altre potenze celesti, né il presente né l’avvenire, né forze del cielo né forze della terra, niente e nessuno ti potrà strappare da quell’amore che Dio ci ha rivelato in Cristo Gesù, nostro Signore. Con ben più profonda consapevolezza, tu puoi ripetere quanto il giusto della vecchia alleanza disse: «Io so che il mio Redentore è vivo…; dopo che questa mia pelle sarà distrutta, senza la mia carne, vedrò Dio. Io lo vedrò, io stesso e i miei occhi lo contempleranno non da straniero»
Omelia per i Defunti, 2 novembre 1997
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