Polemiche dovevano essere e polemiche, come da copione, son state. Le reazioni alle parole di Alfonso Signorini che durante il Grande Fratello Vip, in prima serata su Canale 5, ha osato esprimere a chiare lettere una difesa della vita nascente – «Noi siamo contrari all’aborto in ogni sua forma» – sono state numerose e prevedibilmente critiche. Dall’attrice Anna Foglietta («occhio ai diritti») alla cantante Fiorella Mannonia («ma noi chi?»), dalla giornalista Selvaggia Lucarelli («parla per te e per il tuo corpo») fino all’attrice Sabrina Ferilli («un passo avanti, due indietro») molte, infatti, son state le frecciate all’indirizzo di Signorini, il quale, peraltro, nel pronunciare le sue parole partiva dal caso d’una cagnolina; e se si fosse limitato a condannare l’aborto tra gli animali e non quello «in ogni sua forma», vien da dire, probabilmente gliela avrebbero pura fatta passere liscia.
Invece Signorini ha osato e, come si diceva, la polemica è stata forte. Perfino Endemol Shine Italia, società produttrice del Grande Fratello Vip, in una nota ha preso le distanze dal conduttore, affermando che l’aborto è «un diritto di ogni donna sancito dal nostro ordinamento». Certo, il popolare giornalista ha incassato pure delle dichiarazioni di appoggio (Paolo Brosio, Mario Adinolfi, il Movimento per la Vita, ProVita&Famiglia), ma non c’è dubbio che le voci critiche contro di lui sian state ben più numerose. Eppure – ecco, forse, la vera notizia – Signorini non ha mollato, non è corso a scusarsi. E, nella serata di martedì, a 24 ore dalle sue parole sull’aborto, ha rilanciato la sua posizione, difendendo un principio che troppi sembran essersi dimenticati: la libertà di pensiero.
«Tra i diritti civili per i quali mi batto da sempre ci sono il rispetto e la difesa della libertà di pensiero», ha scritto Signorini su Twitter, subito aggiungendo: «Un principio che difendiamo, anzi difendo, con assoluta fermezza. Indipendentemente dai miei gruppi di lavoro». Dice bene, il conduttore del Grande Fratello. Il punto è che – ed ora se ne starà di certo accorgendo pure lui, a sue spese – la libertà di pensiero, oggi, non è più tollerata; non se si parla di aborto e non nel mondo occidentale. Le prove di questo sono ormai purtroppo evidenti e gli esempi, come si suol dire, si sprecano.
Si va da Stéphane Mercier, docente di filosofia che nel 2017 fu sospeso dall’università cattolica belga di Lovanio per aver equiparato l’aborto all’omicidio, a padre David Palmer, allontanato dall’università di Nottingham per aver difeso la vita sui social, fino a John Gibson, top manager statunitense nel mondo dei videogiochi che, per aver espresso supporto alla legislazione pro life del Texas è stato cacciato. Insomma, oggi essere antiabortisti costa. La difesa della vita si paga cara e, soprattutto, dell’aborto – sul piccolo schermo – non si deve parlare. Guai.
Se ne accorse a sue spese pure un mito del giornalismo italiano, Enzo Biagi, che l’8 marzo 1985, nel suo programma su Rai 1, Linea diretta, trasmise in versione integrale Il grido silenzioso, documentario sull’aborto realizzato, dopo la conversione alla causa pro life, dal già citato Nathanson. Fu il finimondo. E come andò a finire? Non risulta che Biagi abbia subito richiami ufficiali ma Linea diretta l’anno dopo, fatalità, non era più nei palinsesti. Questo, beninteso, non significa che Alfonso Signorini verrà cacciato. Anzi, ci auguriamo vivamente che la sua voce possa continuare ad essere presente sul panorama televisivo e non solo. Ma prima di tornare sull’argomento aborto, ecco, probabilmente la prossima volta lui per primo ci penserà, anche più delle famose due volte.
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