Tra i 31.482 detenuti fatti uscire in queste settimane dalle carceri turche per fare spazio alle decine di migliaia di militari, intellettuali, uomini d’affari e giornalisti accusati di aver fiancheggiato il tentato golpe del 15 luglio c’è anche Oguzhan Aydin, l’autore dell’omicidio di don Andrea Santoro, avvenuto a Trabzon il 5 febbraio 2006. A riferirlo sono diverse fonti, tra cui il giornale degli armeni in Turchia Agos e il sito Turkish Minute, creato negli Stati Uniti per raccogliere l’eredità del quotidiano turco Zaman dopo la normalizzazione imposta da Erdogan qualche mese fa.
Aveva sedici anni Oguzhan Aydin quando avvenne l’omicidio di don Santoro. Venne fermato dalla polizia turca poche ore dopo l’uccisione, ancora con l’arma con cui avrebbe sparato al sacerdote fidei donum romano che si trovava in preghiera nella chiesa di Santa Maria. All’epoca sostenne che la sua era stata una reazione personale alla pubblicazione del vignette su Maometto sul giornale danese Yyllands–Posten. Una tesi che aveva però suscitato grossi dubbi, dal momento che dalla stessa Trabzon veniva anche Ogun Samast, il killer che pochi giorni prima a Istanbul aveva ucciso il giornalista armeno Hrant Dink. Le autorità giudiziarie turche, però, presero per buona la confessione di Aydin e l’anno dopo venne condannato come unico responsabile della morte di don Santoro a una pena di 18 anni e 10 mesi.
Nel 2011 il giovane detenuto era già uscito dal carcere ottenendo la semi-liberà in un’apposita struttura, ma l’anno dopo era ritornato dietro le sbarre dopo un tentativo di evasione. Ora invece – con il provvedimento seguito al tentato golpe e agli arresti degli appartenenti al movimento di Fetullah Gulen – anche Aydin è tornato libero. Questo nonostante, secondo quanto dichiarato dal governo turco, l’indulto avrebbe dovrebbe dovuto essere applicato solo a quanti hanno ancora una pena di meno di due anni ancora da scontare ed escludendo reati gravi come l’omicidio. Due motivi che da soli avrebbero dovuto escludere l’omicida di don Santoro dal provvedimento.
A destare preoccupazione, inoltre, è anche il fatto che proprio la chiesa di Santa Maria a Trabzon dove venne ucciso il sacerdote italiano era stata presa d’assalto nel luglio scorso, durante le manifestazioni a sostegno a di Erdogan seguite al tentato golpe. Nonostante in quel momento la chiesa fosse vuota e i danni fossero stati lievi era apparso chiaro a tutti l’intento intimidatorio del gesto.