Le carovane di migranti partite dall’America centrale nel mese di ottobre e dirette verso gli Stati Uniti, la volontà di Donald Trump di abolire lo ius soli, le imminenti elezioni di medio termine. Sono giorni caldissimi per gli Usa che si avvicinano al voto del 6 novembre, in conseguenza del quale si saprà se i repubblicani riusciranno o meno a conservare la maggioranza nelle due aule del Congresso. Pare che non dovrebbero avvenire ribaltoni al Senato, mentre la partita sembra più aperta alla Camera, dove al momento i repubblicani occupano 235 seggi, contro i 193 dei democratici (altri 7 seggi sono vacanti): questi ultimi, stando alle previsioni contenute in un’analisi del New York Times, vengono dati in vantaggio.
Nel frattempo, comunque, Trump non sta rimanendo a guardare e ha in programma una fitta serie di comizi per spingere l’elettorato a votare il suo partito, distinguendosi così dalla cautela con cui altri presidenti americani hanno affrontato prima di lui le elezioni di metà mandato, che non di rado si sono rivelate un inciampo per chi guida la Casa Bianca. Il prossimo voto assomiglia in breve a un referendum sulla persona e lo stesso Trump non si sta appunto sottraendo alla sfida. Anzi. «Il mio nome non è sulla scheda, ma in un certo senso c’è: quindi per favore andate a votare», ha detto in uno dei suoi comizi.
Il contesto in cui gli Stati Uniti – reduci dalla vicenda dei pacchi bomba indirizzati a esponenti democratici e alla Cnn e dalla strage alla sinagoga di Pittsburgh compiuta da un antisemita – si stanno avvicinando alle elezioni è reso ancora più complesso dalla questione riguardante le migliaia di migranti che stanno percorrendo a piedi l’America centrale e intendono attraversare il confine tra il Messico e gli Usa. Sono state contate finora tre grandi carovane (la prima delle quali risulta essere partita dall’Honduras il 13 ottobre) che comprendono honduregni, guatemaltechi, nicaraguensi e salvadoregni, i quali sono andati aggiungendosi via via, anche dopo post letti sui social network. «Un’invasione», l’ha chiamata Trump in un’intervista all’Abc, dichiarando il proposito di inviare alla frontiera meridionale «fino a 15.000 soldati» per contrastare gli ingressi illegali; intanto ne sono stati mandati 5.200, con regole d’ingaggio limitate: i soldati cioè, si legge su Usa Today, «non affronteranno i membri della carovana migrante che tentano di entrare nel Paese». Stante la differenza tra coloro che hanno il diritto di ottenere lo status di rifugiati e gli emigranti per ragioni economiche, sempre Trump, intervistato dalla Fox, ha chiarito quanto segue: «Se chiederanno asilo li ospiteremo finché le loro richieste non saranno esaminate. Costruiremo per loro dei campi tendati dove li tratterremo per il tempo necessario a esaminare le loro richieste».
Negli ambienti conservatori si è insinuato il sospetto che questa massiccia ondata migratoria possa essere stata favorita da élite interessate a destabilizzare gli Usa. «Non sarei sorpreso», ha risposto Trump ai giornalisti che gli chiedevano un commento. Un reporter, in particolare, ha domandato se dietro alla vicenda potesse esserci il miliardario liberal George Soros. «Non so chi, ma non sarei sorpreso», ha detto il presidente: «Un sacco di persone dicono di sì». Ad ogni modo in settimana il leader repubblicano ha espresso la volontà di abolire lo ius soli, che trova la sua base giuridica – sebbene sul punto ci siano più interpretazioni – nel XIV emendamento della Costituzione americana, secondo cui sono cittadini statunitensi «tutte le persone nate o naturalizzate negli Stati Uniti, e soggette alla loro giurisdizione [degli Usa]».
L’emendamento era stato approvato dopo la Guerra di secessione per garantire i diritti degli schiavi. Una delle sue ricadute odierne è che il governo riconosce automaticamente la cittadinanza ai bambini nati sul suolo statunitense, indipendentemente dalla cittadinanza dei genitori. In tempi di flussi incontrollati non è una ricaduta da poco perché, stando a uno studio pubblicato nel 2010 dal Center for Immigration Studies, «ogni anno nascono dai 300.000 ai 400.000 bambini da immigrati illegali negli Stati Uniti». Inoltre, aggiunge lo studio, «un bambino nato da immigrati clandestini negli Stati Uniti può iniziare una catena di immigrazione quando raggiunge l’età di 18 anni e può fare da sponsor a un coniuge all’estero e a propri figli non sposati. Quando compie 21 anni, può anche sponsorizzare i suoi genitori e tutti i fratelli e le sorelle».
Chi contesta l’automatismo nel concedere la cittadinanza fa presente che la storia del XIV emendamento mostrerebbe che non è inteso a beneficiare stranieri che si trovano sul suolo americano in modo illegale oppure in modo regolare ma temporaneo. Trump è di questo avviso e ha perciò annunciato: «La cosiddetta Birthright Citizenship [cittadinanza per diritto di nascita], che costa miliardi di dollari al nostro Paese ed è profondamente scorretta nei confronti dei nostri cittadini, sarà eliminata in un modo o nell’altro». Il numero uno della Casa Bianca ha verosimilmente abbandonato l’improbabile strada di una modifica attraverso un suo ordine esecutivo, contestata tra gli altri dal collega repubblicano Paul Ryan («sarebbe necessario un lunghissimo processo costituzionale», ha detto lo speaker uscente della Camera), ma ha appunto ribadito che la modifica allo ius soli è una priorità: «Io terrò il nostro Paese al sicuro. Questo caso sarà risolto dalla Corte Suprema degli Stati Uniti».
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