Il primo ministro canadese, Justin Trudeau, si era già distinto, in un recente passato, per la sua ossessione per una lingua “gender free”, quando, durante un comizio, aveva corretto una giovane volontaria cattolica dell’associazione World mission society of God, organizzazione che si propone di estendere a Dio l’accezione di madre e non solo quella di padre. La ragazza, nel chiudere il suo intervento aveva inneggiato all’amore «che cambierà il futuro dell’umanità» ovvero «the future of mankind». Trudeau l’ha subito corretta: «Noi preferiamo peoplekind, che è più inclusivo», in quanto la parola “man” ricorderebbe troppo il riferimento al genere maschile.
Un episodio che, in seguito, si è rivelato non certo una quisquilia, ma la punta di un iceberg, emerso lo scorso anno, quando è stato ufficialmente approvato il Piano d’azione 2SLGBTQI+ voluto dal primo ministro stesso e che partirà il prossimo 1° luglio. Tra i vari provvedimenti adottati, il suo governo, è arrivato a modificare il piano di assistenza del servizio sanitario pubblico, in modo che i dipendenti federali possano usufruire di finanziamenti provenienti direttamente dal denaro dei contribuenti, fino a 75.000 dollari, per l’esattezza e non per cure mediche vitali, ma, udite udite, per le operazioni chirurgiche a cui ricorrono «di routine» le persone transgender e non parliamo solo della riassegnazione del sesso biologico (se così si può chiamare).
E già perché la maggior parte delle province canadesi già copre gli interventi di falloplastica e vaginoplastica, ma il governo di Trudeau ha voluto fare un ulteriore passo avanti e ha deciso di coprire anche procedure come la femminilizzazione della voce e la plastica al seno. Invece, gli interventi di chirurgia estetica non vengono rimborsati. Una differenza sostanziale di trattamento, tra cittadini di serie a e cittadini di serie b, evidentemente. Inoltre, per non tralasciare proprio nessuna minoranza che si rispecchi in un genere “altro”, Trudeau si è preoccupato di denominare il suo piano d’azione 2SLGBTQI+, dove il ”2S” starebbe per “two spirit”, in riferimento agli indigeni canadesi che credono di avere nel proprio animo un’identità sia maschile sia femminile.
Eppure, questo inclusivissimo e tollerantissimo progetto mira, tra le altre cose, a criminalizzare le terapie riparative e a promuovere, al contrario, l’agenda Lgbt «in patria e all’estero». Per non parlare poi, dei 35 milioni di dollari destinati ai progetti che trattino il tema dell’uguaglianza delle persone 2SLGBTQI+, come si legge sul sito del primo ministro e dei 5,6 milioni di dollari destinati allo sviluppo e all’implementazione delle campagne di sensibilizzazione incentrate sulla lotta contro la discriminazione dei canadesi 2SLGBTQI+. E per finire, non potevano mancare ulteriori finanziamenti, 11, 7 milioni di dollari, per l’esattezza, per l’attuazione di tutto il Piano in questione. (Foto: Pexels.com/Imagoeconomica)
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