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I tre nuovi venerabili che illuminano il Sinodo sui giovani
NEWS 7 Luglio 2018    di Ermes Dovico

I tre nuovi venerabili che illuminano il Sinodo sui giovani

Quattro nuovi venerabili, di cui tre giovani, illuminano la strada della Chiesa pellegrina sulla terra. Il 5 luglio, papa Francesco ha autorizzato la Congregazione delle cause dei santi a promulgare i decreti riguardanti il riconoscimento delle virtù eroiche dei servi di Dio Giorgio La Pira (1904-1977), il «sindaco santo» la cui azione politica fu orientata mirabilmente dalla fede in Cristo, Pietro Di Vitale, Alessia Gonzalez-Barros e Carlo Acutis. In vista del Sinodo sui giovani, programmato per ottobre, concentriamo la nostra attenzione su questi ultimi tre venerabili, saliti in cielo tra i 14 e i 23 anni.

PIETRO DI VITALE (14 dicembre 1916 – 29 gennaio 1940)

Sesto di otto fratelli, nacque a Castronovo di Sicilia (PA) da due umili contadini, che gli diedero una solida educazione cristiana. Ricevette la Cresima a quasi quattro anni e mezzo e già da chierichetto rivelò quell’amore per Dio che più tardi lo avrebbe indotto a entrare in seminario. Per la povertà della famiglia fu costretto a lasciare la scuola nel 1926 e aiutare in campagna, dove portava sempre con sé i libri, studiandoli mentre badava alle mucche. Nel suo paese natale, oltre alla religiosità vissuta in famiglia, beneficiò della presenza dei Cappuccini e in particolare conobbe fra Vitale Lino (1868-1960), morto in fama di santità. Nel 1930 manifestò a una zia suora il desiderio di dedicarsi alla vita religiosa e l’anno successivo fece il suo ingresso in seminario, ricevendo l’aiuto economico di alcuni amici e ottenendo una borsa di studio.

Così annotava nel suo diario: «Il Signore mi ha dato una intelligenza aperta e una volontà energica, un giorno di questi doni dovrò rendergli strettissimo conto; perciò bisogna che ne faccia buon uso col farmi santo e dotto per la sua gloria». Tanto zelo gli derivava dalle continue preghiere e dalla grande devozione verso il Santissimo Sacramento e la Beata Vergine. Venne visto sollevarsi da terra mentre era raccolto in contemplazione alla chiesa della Santissima Trinità di Castronovo, dove oggi è custodito il suo corpo. Istruiva il prossimo, in particolare i fanciulli, sull’importanza della fede e si dedicava a opere di carità. Intorno ai 18 anni fu colpito da una malattia allo stomaco, che lo costrinse a diversi soggiorni prolungati a casa, fino a dover lasciare completamente il seminario, unendo con animo lieto le sue sofferenze a quelle del Crocifisso. Proprio come un santo. Il 29 gennaio 1940, a poco più di 23 anni, tornò alla casa del Padre congedandosi con queste parole: «Mamma, viva Gesù e Maria!».

ALESSIA GONZALEZ-BARROS (7 marzo 1971 – 5 dicembre 1985)

La si potrebbe chiamare una ragazzina ordinaria, se non fosse che fin dall’infanzia capì il senso della vita: voler fare la volontà di Dio. Nata a Madrid, ultima di sette figli, due dei quali morti dopo pochi mesi, Alessia viene allevata nella spiritualità dell’Opus Dei, in una famiglia che chiama san Josemaria Escrivá (1902-1975) «nostro Padre». La madre le insegna le preghiere, le trasmette l’amore per Gesù e Maria, la porta spesso a Messa e, quando la bimba ha appena sei anni, la sente già pregare così: «Gesù, che io faccia sempre quello che vuoi Tu». Alessia cresce allegra e circondata dall’affetto dei genitori, della sorella e dei tre fratelli maggiori. L’8 maggio 1979 fa la Prima Comunione a Roma, dove riposa il corpo di san Josemaria, che insegnava proprio che tutti siamo chiamati a vivere la santità nella nostra vita quotidiana e verso il quale la piccola nutre una tenera devozione. Il giorno dopo, durante un’udienza pubblica in Vaticano, si avvicina a san Giovanni Paolo II, che le fa il segno della croce e le dà un bacio sulla fronte. In uno dei viaggi con la famiglia, viene portata in Terrasanta e qui, a Betlemme, realizza uno dei suoi più grandi desideri: baciare il luogo dov’è nato Gesù.

La sua fanciullezza viene interrotta il 4 febbraio 1985: Alessia ha un tumore maligno, che in brevissimo tempo la porterà alla paralisi della colonna vertebrale. I successivi dieci mesi si rivelano un calvario. Subisce quattro lunghe operazioni alla spina dorsale, due volte le incidono l’anca, un’altra volta subisce un intervento per recuperare le garze dimenticate dentro il suo corpo, mentre i cicli di chemioterapia le fanno perdere i capelli. In quei mesi prega così: «Gesù, io voglio stare bene, voglio guarire; ma se Tu non vuoi, voglio quello che vuoi Tu». Quel che colpisce guardando le sue foto durante la malattia sono i suoi sorrisi e gli sguardi luminosi. Tutta unita alla croce di Nostro Signore, accetta pienamente le sue sofferenze, offrendole per la Chiesa, il Papa e ogni suo prossimo. Il 5 dicembre 1985, a 14 anni e mezzo, va incontro allo Sposo eterno, congedandosi dai suoi cari a Pamplona con due parole: «Más» e «sì». «Más», di più, perché voleva che continuassero a parlarle di Dio. E «sì» perché ribadì il desiderio che aveva sempre espresso da quando aveva sei anni: «Gesù, che io faccia sempre quello che vuoi Tu».

CARLO ACUTIS (3 maggio 1991 – 12 ottobre 2006)

«Tutti nascono come originali ma molti muoiono come fotocopie», è una delle frasi celebri di Carlo Acutis, che ha saputo vivere, a cavallo di XX e XXI secolo, una fede veramente incarnata, nella consapevolezza che Cristo è segno di contraddizione. «La nostra meta deve essere l’Infinito, non il finito. L’Infinito è la nostra Patria». Da dove nasce tanta sapienza in un ragazzo che ha lasciato questa terra a poco più di 15 anni d’età? Dall’amore per la Parola di Dio, dalla preghiera, dai sacramenti. Si confessa ogni settimana, ama teneramente la Madonna, ogni giorno recita il Rosario. Dopo la Prima Comunione, ricevuta a sette anni, è sempre andato a Messa ogni giorno, fermandosi davanti al tabernacolo per fare compagnia a Gesù nascosto. Insegna che siamo molto più fortunati noi degli uomini vissuti duemila anni fa in Terrasanta perché loro, per vedere il Signore, dovevano spostarsi continuamente, mentre noi «Gerusalemme ce l’abbiamo sotto casa».

Chiama l’Eucaristia «la mia autostrada per il Cielo» e si dedica ad allestire una mostra sui miracoli eucaristici riconosciuti dalla Chiesa attraverso i secoli, divulgandola attraverso la rete, grazie alle sue competenze informatiche. In ragione della sua fede autentica, accompagnata dalle virtù della carità e della fortezza, non ha paura di testimoniare la verità di Cristo in un mondo che agisce come se Dio non esistesse: in classe è l’unico a difendere la sacralità della vita contro l’aborto, si batte spesso contro il divorzio, esorta le compagne a considerare che il corpo è tempio dello Spirito Santo, a conservare il pudore come un tesoro prezioso. Chiede alle suore di pregare per la sua purezza. Al «così fan tutti» risponde che la maggioranza «ha ragione solo quando è nella Verità, mai perché è maggioranza». Offre preghiere e sacrifici per le anime del Purgatorio, parla delle realtà ultime, del Giudizio, dell’Inferno e del Paradiso, mentre si impegna in opere di carità verso bambini e anziani. Vive da vero cristiano fino all’ultimo respiro terreno, salendo in cielo in seguito a una leucemia fulminante, dopo aver offerto tutte le sue sofferenze per la Chiesa. Come un piccolo Gesù.


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