«Totti e Ilary se stanno a lascià e questo pensa alla guerra?». È ancora il genio di Federico Palmaroli (l’autore de “Le frasi di Osho”) a sintetizzare la querelle amorosa. Ma come spesso gli capita, anche stavolta la sua non è solo satira. Se i giornali ricamano sulla fine della storia d’amore, dopo 17 anni di matrimonio, tra Francesco Totti e Ilary Blasi, per tanti non c’è che sorpresa, delusione, finanche frustrazione. I commenti della gente (tutte variazioni sul tema) vanno presi sul serio, non foss’altro per il loro impressionante numero. «La solidità del matrimonio di Ilary Blasi e Francesco Totti era l’unica certezza della mia vita»; «è una botta psicologica fortissima»; «Non facciamo scherzi perché è la volta buona che vado a Roma e li faccio ritornare insieme»; «Se non resistono Totti e Ilary, che speranza abbiamo noi comuni mortali?». Fino alla battuta che in queste ore vive una seconda vita: «speravo de morì prima» (parole che apparvero su uno striscione dell’Olimpico nell’ultima partita di Totti con la Roma).
La morale sembra essere inequivocabile: anche in un ambiente cinico come il nostro, dove vige il rigido (e bigottissimo) “vietato vietare”, dove il divorzio è una “conquista sociale”, dove il sindaco di Milano dà il benvenuto, con tutti gli onori, alla fiera dell’utero in affitto, dove una sera sì e l’altra pure, la tv, con la sua Zona Bianca, non perde occasione di parlarci del poliamore, ecco, in questo simpatico club – forse perchè abbiamo toccato il fondo? – una bella famiglia unita è un mito a cui anelare, da bramare, una «bellezza tanto antica e tanto nuova». E se da Agostino scendiamo fino a Pretty Woman, la moderna Cenerentola col suo principe azzurro che le decine di passaggi televisivi non hanno scalfito, le cose non cambiano: come per l’aria, ci si accorge della bellezza della normalità quando inizia a mancare. A ribadirlo ancora una volta è stata Simona Ventura, che riguardo alla coppia Totti-Ilary, su Instagram, si è lanciata in un «consiglio non richiesto» (in realtà la sua è una testimonianza che vale doppio, avendo un matrimonio alle spalle rotto, per giunta proprio con un calciatore), nei fatti scongiurando i due a non lasciarsi: «La separazione è già di per sé un lutto! È dolorosissima».
Quella tra Francesco Totti e Ilary Blasi è una storia d’amore cominciata 20 anni fa, nel 2002, quando lei, in tv, era la “Letterina” di Gerry Scotti nel programma Passaparola. Francesco se ne innamorò subito, strappandola al fidanzatino dell’epoca a suon di scherzi, rose e sorprese romantiche. La storia d’amore diventa di dominio pubblico nel derby del 2002, vinto 5-1 dalla Roma, quando Totti, dopo un gol, mostra al mondo l’ormai celeberrima scritta «6 unica» (siccome il popolo non dimentica, uno degli ultimi tweet sui due recitava così: «Francé, noi la maglietta “6 unica” nun se la scordamo, capito?»). Dalla tribuna, il sorriso radioso di Ilary ha fatto sognare tantissime ragazze. Poi il matrimonio da sogno, in diretta tv, omelia del sacerdote compresa, e siamo al 2005, anno in cui nasce Cristian, il primogenito. A seguire arriveranno Chanel, nel 2007, e Isabel, nel 2016. Il resto è una favola d’amore vissuta – per quel che si può – in un mix di semplicità e complicità. Come quando, ad ogni gol segnato, Francesco si mette il pollice in bocca per ricordare l’amata. Questa la genuina spiegazione del gesto: «Dedico a Ilary una nuova esultanza, il dito in bocca, destinata a diventare definitiva. A lungo si è pensato che fosse un modo per segnalare i figli in arrivo. Non è così. Quando Ilary si concentra, il dito le torna in bocca proprio come quando era bambina. È il gesto più suo in assoluto». Da parte sua, la showgirl non ha mai fatto mancare al marito la sua vicinanza, indispensabile dopo il suo difficile addio al calcio (Mario Adinolfi ha parlato di un «terremoto emotivo», tale da bloccare Totti e impedirgli di «approdare ad un ruolo concreto ed operativo»).
Insomma, la storia d’amore di due innamorati baciati dal successo, che adesso starebbe per finire. Il che – e questa è la notizia – suona come profondamente “ingiusto” per la maggioranza degli italiani. Bisognerebbe allora farsi gli affari loro, bisognerebbe che i due leggessero Chesterton, che sull’amore coniugale (al pari di Shakespeare e Manzoni) ha scritto le cose più provocatorie. In Cosa c’è di sbagliato nel mondo, lo scrittore inglese (che al Totti barzellettiere potrebbe senz’altro piacere) scrive: «Se gli Americani possono divorziare per “incompatibilità di carattere”, mi chiedo come mai non abbiano tutti divorziato. Ho conosciuto molti matrimoni felici, ma mai nessuno “compatibile”. Tutto il senso del matrimonio sta nel lottare e nell’andare oltre l’istante in cui l’incompatibilità diventa evidente. Perché un uomo e una donna, come tali, sono incompatibili». È la sempre troppo dimenticata lezione di John Gray – psicologo, scrittore, comunicatore – tanto semplice quanto tremendamente vera: gli uomini vengono da Marte e le donne da Venere. Due pianeti diversi, dimenticarselo è un guaio.
Al netto del proverbiale cinismo di Selvaggia Lucarelli, per cui «la smentita è convincente quanto le 4 clip diverse poi tagliate e montate per esprimere un concetto di 16 parole», con l’ottimismo della volontà che gli italiani desiderano credere a Totti, che giustamente difende i figli (le vittime dimenticate) e che, sull’intera vicenda, parla di fake news dei giornali. Desiderano credergli anche per un altro motivo: la fedeltà è una virtù non solo nobile e alta, ma anche non spacchettabile. Se, cioè, le lacrime degli 80.000 dell’Olimpico, nel giorno dell’addio, hanno intronizzato l’amore del Capitano per la maglia giallorossa (solo Gigi Riva, col suo Cagliari, ha fatto come lui), la gente – che vuole il “tutto o niente”, l’all-inclusive – si aspetta la stessa fedeltà anche alla consorte. Addirittura a prescindere dai suoi eventuali capricci.
Nel nostro piccolo, se potessimo arrivare alle orecchie del Pupone, azzarderemmo tre cose: gli parleremmo della potente storia d’amore di Monica Vitti, altra grande romana (perché tra romani ci si capisce), convinti che l’attrice, magari accompagnandosi con un sonoro «ma ‘ndo vai!», non gli farebbe abbandonare la splendida casa dell’Eur, come invece rumoreggia la porno informazione di Dagospia. Lo inviteremmo poi a riempire di gioia i tre figli, postando la foto della (vera) grande vittoria, quella da un milione di like: lui, col sorriso piacione di sempre, nuovamente col pollice in bocca, e al diavolo che non capisce. Infine, gli regaleremmo un passo epico di quel grande e grosso omone di Chesterton (ancora lui, sì, perché solo il paradosso innesca il cortocircuito che smuove le decisioni, e perché anche noi – da ultrà romanista, a questo punto si è capito – dopo il cucchiaio a van der Sar, vorremmo essere ancora stupiti da un Totti in versione “fedeltà integrale”): «Imbucare una lettera e sposarsi sono tra le poche cose ancora assolutamente romantiche, perché per essere assolutamente romantica una cosa deve essere irrevocabile».
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