Meglio tardi che mai. Verrebbe da commentare così la notizia dell’installazione disposta dal Parlamento europeo, presso la sede di Bruxelles, di un presepe. A darne conto è l’agenzia Catholic News Agency, che sottolinea come si tratti di un fatto eccezionale, considerato che proprio in seno all’istituzione comunitaria un simbolo come quello cristiano per antonomasia, fino ad oggi, era stato considerato «potenzialmente offensivo». Ora però le cose sembrano cambiate. Naturalmente, non si tratta però di un caso.
Se infatti il presepe è arrivato a Bruxelles – peraltro al terzo piano della citata sede istituzionale, nella hall centrale, accanto al tradizionale albero addobbato – non è un caso. Al contrario, si tratta del risultato di sforzi ben precisi: quelli dell’eurodeputata Isabel Benjumea, spagnola di 40 anni che siede tra le fila del partito popolare, la quale – faticando non poco, c’è da immaginare – è riuscita a convincere gli uffici del Parlamento, che erano inizialmente scettici sull’accettare quello che è a tutti gli effetti un simbolo religioso.
Ma chi la dura la vince, come si suol dire. Così ecco che all’ingresso dell’Europarlamento oggi è possibile ammirare una natività artistica di grande effetto e misure ragguardevoli, opera del maestro presepista Jesús Griñan, della regione della Murcia. Il presepe resterà dov’è fino al 6 gennaio. I costi non sono a carico del Parlamento europeo, ma di tutti gli onorevoli ispanici del Partito Popolare, che mirano a creare una tradizione con questa loro iniziativa. Pare che l’allestimento stia attirando già molti curiosi.
In effetti, un presepe – peraltro di dimensioni significative – da quelle parti costituisce se non una rarità in senso assoluto, di certo qualcosa che non si vede tutti i Natali, mettiamola così. Va da sé che non basta certo questo episodio ad immaginare le istituzioni europee – le stesse tra i cui corridoi e nelle cui aule gli appelli di fior di Papi, da Giovanni Paolo II in poi – tornare sui loro passi riscoprendo le rimosse radici cristiane.
Tuttavia, non si può neppure negare come quello di cui si è fin qui raccontato costituisca un segnale positivo. Anzi, a dirla tutta, forse è perfino un segnale di speranza per l’Europa. Forse anzi sicuramente piccolo, rispetto ai guai – spirituali, demografici e sociali – che da tempo flagellano il Vecchio Continente, ma comunque significativo per indicare, se la si saprà vedere, la strada per ripartire (Foto: pagina Facebook on. Miriam Lexmann)
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