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Suora incarcerata dai comunisti nel 1953, la storia di una visione in cella
NEWS 24 Settembre 2021    di Redazione

Suora incarcerata dai comunisti nel 1953, la storia di una visione in cella

La persecuzione comunista dei cristiani in Ungheria non fu così dura come in Cecoslovacchia e certamente non raggiunse i livelli di orrore come in Romania, ma mandò comunque migliaia di chierici in prigione. Tra loro, suor Irén Szita, rinchiusa all’età di 25 anni. Su queste persecuzioni, i libri dello storico sacerdote Gyula Havasy hanno fornito una prima serie di cifre già nell’edizione del 1990: 600 sacerdoti imprigionati sotto i regimi Rákosi (1945-1956) e Kádár (1956-1965), 2.000 suore e 800 monaci detenuti, 59 ordini religiosi sciolti, bando ai movimenti laici cattolici, 10.000 suore e 1.500 monaci dispersi…

Ma dietro i numeri, ci sono storie di fede di persone vere, come quella di Irén Szita, una suora carmelitana che ha raccontato la sua testimonianza nel 2020 in una serie di video preparatori per il Congresso Eucaristico Internazionale di Budapest. Parla della sua esperienza in carcere, di come Dio l’abbia incoraggiata e della bella esperienza mistica che ha poi vissuto in isolamento.

Prigioniera a 25 anni
Nel 1953, «avevo 25 anni. Prima mi hanno condannato a un anno di carcere, e quando l’anno è passato la guardia mi ha detto che la Sicurezza di Stato mi aveva condannato ad altri 5 anni», spiega Irén Szita, la cui unica colpa, secondo il regime comunista, era essere una religiosa contemplativa. «Ho sempre sentito che se l’ho sopportato, non è stato per la mia fragile volontà, ma perché il Buon Dio mi ha dato forza», aggiunge. «Dormivamo in letti a castello e di notte le detenute si radunavano intorno a me perché, non so come, hanno notato qualcosa in me, e ho detto loro di stare tranquille e che il Buon Dio le avrebbe aiutate», ricorda.

Nell’incertezza, cercò da Gesù
C’è stato un giorno in prigione in cui si è risvegliata in lei l’incertezza. Tutta la sua sofferenza serviva a qualcosa? Era così che avrebbe dovuto sacrificare la sua vita? «Sono stata chiamata a subire tutta quell’ingiustizia per amore di Gesù? Ho sentito un po’ di incertezza», precisa, scegliendo con cura le parole. «Così ho chiesto a Gesù». In risposta, ha ricevuto di nuovo «grande forza e certezza, ero sicura che Gesù era con me e non mi avrebbe lasciato». Irén Szita crede che Dio le abbia dato questo dono in modo che potesse in seguito rafforzare le altre donne che l’hanno accompagnata. Ma gli mancava ancora un’altra esperienza di Dio che avesse avuto un impatto sulla sua permanenza in prigione e per il resto della sua vita.

Con la Vergine, Giuseppe e il Bambino, in cella d’isolamento
«Ho trascorso il Natale più felice della mia vita in rigoroso isolamento», dice. «Mi sentivo come se la mia cella diventasse il Cielo. La Vergine Santissima, San Giuseppe e il Bambino Gesù sono venuti a me dal Cielo. Mi sono sentita come se fossero davvero lì. In piedi accanto a loro c’è una cascata d’amore che sgorgava da loro… e parole non bastano per spiegarlo», dice.
«Sono venuti da me senza che lo chiedessi. Non li ho chiamati, ho solo pensato a loro. Tutto è iniziato pensando alla disgrazia che ho dovuto sopportare lì e mi sono sentito molto scoraggiato. Mi chiedevo come potesse essere in Paradiso, quando tutti i santi sono insieme», precisa. E aggiunge una frase simile a quella che hanno detto tante altre persone che hanno vissuto un’esperienza mistica: «Vorrei che tutti potessero provare quell’amore, perché allora non ci sarebbero persone cattive al mondo», dice.

“Non dimenticare Gesù”
Il suo insegnamento in carcere, e anche oggi, fuori dal carcere, è che nessuna forza esterna può togliere Gesù dalla vita degli uomini: solo l’uomo stesso può decidere di abbandonarlo, di lasciarlo fuori. «Gesù è nella nostra vita, con noi, soffre, gode di tutto… con noi, vive in noi. Solo noi possiamo lasciarlo. Vi chiedo, cari fratelli e sorelle, non dimenticate Gesù. È pio, ha un cuore amorevole, e se lo cercheremo sarà sempre con noi e non ci lascerà mai», assicura fermamente.
Il regime comunista è caduto in Ungheria nel 1989. János Kádar, il suo ultimo gerarca, è morto quello stesso anno e in precedenza si era confessato a un sacerdote. Dopo 30 anni senza comunismo, secondo Eurobarometro 2019, il 62% degli ungheresi si dichiara cattolico, un altro 13% è cristiano di diverse confessioni


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