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Sul Covid, tra richiami alla scienza e politica, Oms e Cina ai ferri corti
NEWS 14 Agosto 2021    di Giulia Tanel

Sul Covid, tra richiami alla scienza e politica, Oms e Cina ai ferri corti

Le tensioni tra Oms e Cina, in merito al Covid-19, tengono banco oramai da mesi, ma anziché andare a spegnersi con il tempo, assumo di volta in volta nuove forme e vigore. Un po’ come le varianti del virus sul quale dibattono, si potrebbe facilmente scherzare, se non fosse che la questione è molto seria e sta tenendo in scacco tutto il mondo.

Perché la verità è che di questo SARS-CoV-2, o «coronavirus 2 da sindrome respiratoria acuta grave», si sa poco o nulla, e questo innanzitutto a partire dalle sue origini: è frutto di laboratorio o ha un’origine naturale? E, nel caso fosse stato creato artificialmente, al di là dell’indagare il come mai sottostante a una tale sperimentazione, è stato diffuso volontariamente tra la popolazione mondiale, o è “sfuggito” per errore?

LA SEQUENZA DEGLI EVENTI

Ma veniamo agli eventi. Nel 2020, chiunque ipotizzasse un’origine sintetica del Covid-19 veniva tacciato di essere un “complottista” e la sua tesi relegata al rango di fake news. È successo all’ex presidente degli Stati Uniti Donald Trump, ma anche a illustri scienziati dalla fama internazionale e alle loro ricerche, i cui risultati non sono stati considerati o, addirittura, fatti sparire dalla rete. Porre degli interrogativi, per quanto scomodi, non era (e non è?) consentito (si veda l’articolo di Marco Respinti sul Timone n. 208, luglio-agosto).

Poi, però, nel mondo internazionale c’è stato un cambio di passo. Nel gennaio del 2021 una delegazione dell’Organizzazione Mondiale della Sanità (Oms), anche in questo caso non dopo poche tensioni con il Governo di Pechino e con un pool cinese ad affiancarla, si è recata a Wuhan per compiere delle indagini approfondite. Il risultato della missione era così sintetizzato nel rapporto diffuso alla fine di marzo: la fuga del virus da laboratorio è «estremamente improbabile», mentre si propendeva per un passaggio da animale a uomo, con pipistrelli e pangolini tra gli indagati.

Fine della storia, quindi? No, perché fin da subito erano sorti dubbi – come affermato dal segretario di Stato Usa Antony Blinken in condivisione con oltre un’altra decina di Stati – «sulla metodologia e sul processo», con sospetti di un coinvolgimento un po’ troppo stretto del Governo cinese nella stesura finale dei risultati raggiunti. Accanto a questo, si era allargato anche il fronte degli studiosi impegnati in indagini e ricerche, con anche l’intelligence americana coinvolta in tale direzione.

Insomma: «Oms locuta, causa non soluta».

UNA NUOVA INDAGINE

E arriviamo così ai nostri giorni, roventi non solo a livello metereologico.

Due giorni fa, il 12 agosto, è stata la stessa Oms, per voce del suo direttore Tedros Adhanom Ghebreyesus, ad aver fatto richiesta a tutti i Paesi di «collaborare», rendendo noti «tutti i dati in loro possesso sul virus». La frecciatina, neanche troppo velata, nei confronti della Cina non è passata inosservata. E la risposta da Oriente non si è fatta attendere: «Sosteniamo la ricerca scientifica», ha infatti chiarito in una conferenza stampa online il Viceministro degli esteri cinese Ma Zhaoxu, ma «siamo contrari alla politicizzazione della ricerca delle origini». E, soprattutto, a non andare giù è stata l’apparente «rinuncia del rapporto congiunto Cina-Oms»: «Le conclusioni e le raccomandazioni del rapporto congiunto sono state riconosciute dalla comunità internazionale e dalla comunità scientifica», ha infatti chiarito Zhaoxu. Per poi chiosare, lasciando intendere che il margine di dialogo è risicato, se non nullo: «La ricerca futura dovrebbe e può essere perseguita solo sulla base di questo rapporto. Non si deve ricominciare tutto da capo».

Insomma, la carta giocata dalla Cina è quella che non si butti tutto in politica, bensì ci si attesti su un piano puramente scientifico. Ma questo è veramente stato fatto in passato ed è la cifra di pensiero che contraddistingue il presente? I dubbi in merito sono molteplici. E, per inciso, tali dubbi di una “politicizzazione della pandemia” non sono plausibili esclusivamente a livello internazionale, ma anche nella gestione e nelle scelte delle singole nazioni… ma questo meriterebbe un approfondimento a sé. Non perdendo quindi il filo del discorso, citiamo solo un’altra notizia, apparsa anche questa nelle ultime ore sulle colonne del Washington Post: Peter Ben Embarek, a capo delle investigazioni dell’Oms in Cina e che ha redatto il rapporto congiunto Oms-Cina, dopo aver lamentato un’ingerenza cinese nella stesura dello stesso, ha anche affermato che il paziente zero del Covid sarebbe un ricercatore del laboratorio di Wuhan, il che avvalora, ancora una volta, l’ipotesi di un’origine artificiale. E lamenta a sua volta un’ingerenza cinese nella stesura finale del documento approvato.


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