Amazon è capitolata di fronte alla censura arcobaleno. Riporta infatti Nbc News che, «in seguito alla crescente pressione esercitata dagli attivisti Lgbtq, Amazon ha rimosso dal suo sito i libri in lingua inglese dell’uomo considerato “il padre della terapia riparativa”. Il dottor Joseph Nicolosi [morto nel marzo del 2017, ndR], fondatore della clinica psicologica Thomas Aquinas, ora chiusa, e dell’Associazione nazionale per la ricerca e la terapia dell’omosessualità (Narth), ha creato diverse guide pratiche rivolte ai genitori dei giovani LGBTQ, tra i quali: Omosessualità – Una guida per genitori».
La questione non è di secondaria importanza, se si tiene conto del fatto che, dati alla mano, Amazon è il massimo rivenditore di e-book (9 su 10 vengono comprati su questo portale) e che si “mangia” anche il 42% delle vendite di libri cartacei. E se si considera inoltre che altri libri che veicolano tesi quantomeno opinabili, se non addirittura pericolose per la collettività, non subiscono lo stesso trattamento censorio. Si domanda in proposito lo scrittore Rod Dreher: «Perché le idee di Nicolosi sono più pericolose di quelle di Marx, Hitler, Lenin, Mao, Goebbels, Qutb e David Duke?». La risposta è, purtroppo, fin troppo semplice: perché Nicolosi ha scritto cose che contraddicono l’ideologia portata avanti dalla comunità Lgbt, che non ha remore nell’agire in modo totalitario, imponendo il proprio pensiero a tutti i livelli. E poco importa se nel farlo si appella, quale facciata, al fatto che la teoria di Nicolosi non sia scientifica, perché questo significherebbe solamente che Amazon dovrebbe smettere di vendere anche libri sull’omeopatia, o su chissà cos’altro… La realtà è che vi è il concreto rischio che a “finire all’indice”, nel giro del breve periodo, saranno tutti i testi sgraditi alla cosiddetta Gaystapo.
Inoltre, è interessante rilevare che la censura dei testi di Nicolosi è di per sé paradossale. Paradossale perché ad attuarla sono esattamente coloro che si stracciano le vesti quando qualche genitore, in nome del primario diritto a educare i figli secondo i propri valori di riferimento, chiede che nelle scuole non vengano letti a bambini e ragazzi testi contrari alla legge naturale, che parlano di bambini con due mamme o due papà, che inneggiano all’utero in affitto e via discorrendo. Testi che, peraltro, si chiede semplicemente di non leggere in contesti educativi, non di non vendere più.
Ma paradossale anche perché, solitamente, quando si parla di censure e limitazioni alla libertà di stampa, oltre che ai regimi il pensiero corre subito alla Chiesa cattolica, per via dell’Indice dei libri proibiti (Index librorum prohibitorum), inaugurato nel 1558 da Papa Paolo IV e rimasto in vigore fino al 14 giugno 1966. Eppure, mai nessuno rimarca come la gerarchia ecclesiastica non sia mai stata contraria alla diffusione di libri, bensì semplicemente vigilasse affinché uno strumento di per sé neutro fosse utilizzato per il bene. Nessun fine liberticida dunque, bensì – come ebbe a scrivere la Congregazione per la Dottrina della Fede nella notifica che accompagnava l’abolizione dell’Index – un ammonimento alla «coscienza dei cristiani a guardarsi, per una esigenza che scaturisce dallo stesso diritto naturale, da quegli scritti che possono mettere in pericolo la fede e i costumi». Un intento, questo, che appare ben lontano dall’agire della Lobby Lgbt e di Amazon.
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