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17.01.2025

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Stupri e immigrazione, c’è un nesso culturale?
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17 Gennaio 2025

Stupri e immigrazione, c’è un nesso culturale?

Le violenze di Capodanno in piazza Duomo a Milano su almeno 5 persone e, pochi giorni fa, l’aggressione prima a scopo di rapina e in rapida successione sfociata anche in violenza sessuale, a una coppia di fidanzati nel parcheggio della discoteca Alcatraz. Non su tutti gli organi di stampa, però, è facile rintracciare la risposta alla legittima domanda su chi abbia compiuto questi atti. E anche quando l’indicazione geografica purtroppo tipica viene indicata (non sempre la generalizzazione è un bias cognitivo, a volte si tratta di dato statistico consolidato), ci in imbatte in un cordone sanitario di avverbi e ipotetiche che sembrano voler smorzare il fenomeno.

Si tratta di uomini musulmani nordafricani, pakistani, afghani. «La Procura di Milano sta indagando su almeno 5 casi di presunti abusi sessuali in cui sono coinvolte una ragazza belga, una donna italiana e una sudamericana e perfino una coppia di inglesi.La procura del capoluogo lombardo ha aperto un’inchiesta dopo che la ragazza belga ha denunciato quanto avvenuto su un quotidiano online» riporta Rainews che riferisce anche le parole del ministro dell’Interno in merito alla inaccettabilità di quanto accaduto. Altro caso spaventoso recente quello occorso a una coppia, ragazzo e ragazza, sempre nel capoluogo lombardo all’uscita di un locale notturno.

«Una coppia di ragazzi è stata aggredita sabato scorso, a Milano, da parte di un branco di circa 10 giovani che hanno prima cercato di rapinarli e poi hanno circondato la ragazza, una 19enne, abusando di lei. È accaduto nel parcheggio accanto all’Alcatraz di via Valtellina. A intervenire sono stati gli addetti della security del locale e, come riferiscono alcuni quotidiani locali, uno del branco è stato arrestato dai carabinieri. Si tratta di un 36enne egiziano che vive nella Bergamasca, riconosciuto dalla giovane vittima come l’autore del feroce palpeggiamento», si legge su Adnkronos e molte testate.

Superata la dorsale alpina, ahinoi, ci troviamo di fronte a casi simili in tutta la Francia, ma anche risalendo fino ai lidi scandinavi il panorama non cambia, idem, anzi peggio per il caso mostruoso per la dimensione del fenomeno nel Regno Unito: molestie, abusi e violenze sessuali compiuti da uomini immigrati su donne, bambine, bambini. Dalla Francia arriva anche un altro segnale di serio allarme che però riguarda l’atteggiamento del paese ospitante – nello specifico la linea difensiva scelta dagli avvocati degli autori delle violenze, che rivela come il principio al quale fa riferimento sia ritenuto ragionevole e accettabile: detta in soldoni, ma neanche troppo, “per il signor Caio, provenienza  Egitto, Afghanistan, o il signor Tizio, pakistano, violentare una donna o chiedere a un ragazzino di essere masturbato non sono reati, non ne avevano idea, poverini”.

Ecco quanto riporta Bvoltaire: «(…) a Cahors, un afghano, espulso dalla Svezia e la cui richiesta di asilo era stata respinta in Francia, era comparso per un caso di violenza sessuale su minore. È accusato di aver mostrato il suo pene a un ragazzino e di aver chiesto al bambino di masturbarlo. In udienza, l’avvocato del presunto colpevole, che nega i fatti, invoca la “  differenza culturale  ”. “ (…) Dobbiamo tenere conto della differenza culturale, del bagaglio psicologico. Da lui, le immagini pornografiche sui cellulari sono comuni. Viene da questo caos che è quello del suo Paese ”, dichiara l’avvocato. Nello stesso anno, un cittadino siriano è stato processato dalla Corte d’assise delle Landes per l’omicidio e lo stupro di Johanna Blanes, avvenuti nel 2019. Ancora una volta, la difesa sottolinea “ la differenza di cultura tra Siria e Francia (…)».

Certo che il contesto è da prendere in considerazione, sicuramente la cultura di provenienza e il credo professato incidono sulla consapevolezza delle persone; tali questioni, però, tanto cruciali e decisive, andavano poste prima e messe alla radice della gestione del fenomeno migratorio. Lo diceva – poco compreso e anzi ritenuto fin troppo duro – il cardinal Giacomo Biffi. Governare i flussi migratori secondo criteri di compatibilità e assimilabilità culturale, e nel nostro caso –  anche se molti sono insofferenti nel riconoscerlo – questa è definita eccome dalla fede cattolica, non è affatto in contrasto con il mandato di portare a tutti il Vangelo di Cristo. Quello resta ed è valido verso tutti, musulmani compresi naturalmente ed è cosa che riguarda la Chiesa. Ciò che andrebbe difesa, e doveva farlo per tempo lo Stato proprio in quanto laico, è l’integrità sociale e culturale della nazione e questo è un interesse che dovrebbe stare tra gli obiettivi principali di quanti governano la cosa pubblica. Era il 2000 quando uscì la sua Nota pastorale in occasione della Tre giorni del clero:

«(…) Una consistente immissione di stranieri nella nostra penisola è accettabile e può riuscire anche benefica, purché ci si preoccupi seriamente di salvaguardare la fisionomia propria della nazione. L’Italia non è una landa deserta o semidisabitata, senza storia, senza tradizioni vive e vitali, senza una inconfondibile fisionomia culturale e spirituale, da popolare indiscriminatamente, come se non ci fosse un patrimonio tipico di umanesimo e di civiltà che non deve andare perduto. Quanto ai rapporti da intrattenere con le diverse religioni, che sono presenti tra noi in conseguenza dell’immigrazione, sarà bene che nessuno ignori o dimentichi che il cattolicesimo – che indiscutibilmente non è più la “religione ufficiale dello Stato” – rimane nondimeno la “religione storica” della nazione italiana, la fonte precipua della sua identità, l’ispirazione determinante delle nostre più vere grandezze. Sicché è del tutto incongruo assimilarlo socialmente alle altre forme religiose o culturali, alle quali dovrà essere assicurata piena e autentica libertà di esistere e di operare, senza però che questo comporti un livellamento innaturale o addirittura un annichilimento dei più alti valori della nostra civiltà». 

È lo Stato che deve fare bene i conti, affrontando a occhi ben aperti, si augurava sempre il card. Biffi, soprattutto la questione dell’immigrazione musulmana. «Si tratta di essere realistici: io voglio sapere come si potranno risolvere problemi gravi come la poligamia praticata dai musulmani. Non è un problema mio. Il mio problema è di evangelizzare. Sono problemi dello Stato. Cosa facciamo con il nostro diritto di famiglia? Oppure di fronte ad un problema ancora più radicale come quello dell’integralismo islamico? Per i musulmani politica e religione sono la stessa cosa e non lo nascondono. Non lo dicono quando sono in minoranza. Cosa faranno gli Stati laici? Sarà interessante vedere come gestiranno le emergenze». Bene, le emergenze ora sono più che conclamate. Si potrà almeno iniziare a riconoscere che sì, esiste un problema di natura culturale con l’immigrazione e avremmo dovuto, forse possiamo ancora, considerare più attentamente la grave questione dell’integrabilità degli immigrati? Anche questa è carità, sia verso il nostro Paese, sia verso chi arriva da fuori. (Fonte foto: Pexels.com)

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