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14.12.2024

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Stretta dell’Australia, vietati i social ai minori di 16 anni
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29 Novembre 2024

Stretta dell’Australia, vietati i social ai minori di 16 anni

In triste vece della disciplina che necessita una materia simile, troppo spesso, fino ad ora, molte istituzioni hanno scelto un volontario commissariamento da parte dell’impotenza e del fatalismo. Come se la presenza invadente di smartphone e soprattutto dei social fosse un meteorite in rotta di collisione con gli abitanti del pianeta, preferibilmente giovani e giovanissimi e noi da quaggiù non potessimo farci nulla. Non è così, può davvero non essere così; non siamo ancora all’Armageddon e non è necessario ingaggiare astronauti eroi perché salgano sul corpo celeste e lo facciano esplodere, sbriciolandolo in innocui frammenti. Il governo australiano sembra averne piena consapevolezza, visto il provvedimento legislativo approvato per ora al Senato con 34 voti a favore e 19 contrari. Manca ancora l’ultimo passaggio alla Camera dei rappresentanti il cui esito è però scontato. Il divieto, comunque, entrerà in vigore tra 12 mesi.

Oggetto del disegno è il divieto di utilizzo dei social da parte dei minori di 16 anni, limite che se non rispettato costerebbe multe salate ai titolari delle piattaforme incriminate: Facebook, Instagram, TikTok, X. La novità significativa è che la responsabilità finale della verifica di tali condizioni è delle piattaforme, non solo dei genitori, spesso lasciati soli a cercare di fermare a mani nude l’onda anomala dello tsunami digitale. Come riporta l’Ansa «l’obiettivo è proteggerli da “potenziali danni”. Il provvedimento, precisano i media internazionali, dovrebbe riguardare i più popolari siti come Facebook, Instagram, X o TikTok, e impone alle stesse piattaforme digitali e non ai genitori l’obbligo di adottare delle “misure” per evitare l’apertura di profili da parte dei minori, prevedendo allo stesso tempo delle multe salatissime, fino a oltre 30 milioni di dollari, per quelle aziende tecnologiche che non la rispetteranno. Dovrebbero essere esentate alcune piattaforme come WhatsApp e YouTube, di cui gli adolescenti potrebbero aver bisogno per fare i compiti».

Non mancano le proteste e le perplessità, ma l’evidenza principale e confortante è che la decisione del Parlamento di Canberra parte dal dato incontrovertibile dei gravi e comprovati danni che comporta l’iperconnessione (un abuso che pare seguire una crescita esponenziale), sia per ciò a cui i ragazzi sono esposti con l’utilizzo intensivo delle piattaforme social, – aumento di ansia, depressione, bullismo e cyberbullismo – sia per ciò da cui vengono distolti: relazioni, esperienza diretta, confronto reale coi pari, sport, aria aperta, principali deterrenti e cura dei disagi citati. Una scelta diversa dalla resa incondizionata, dunque, sembra non solo possibile ma augurabile e replicabile. Una posizione che la nostra rivista sostiene e argomenta con contributi esclusivi e competenti nell’ultimo numero di novembre.

Da Alberto Pellai, medico, psicoterapeuta e ricercatore, autore della petizione che ha già raccolto 67.000 firme con la quale si chiede al governo italiano di vietare il possesso di smartphone prima dei 14 anni e la creazione di profili social prima dei 16, età precise legate a specifiche fasi evolutive del sistema nervoso; al sociologo Giuliano Guzzo, a Roberto Marchesini, psicologo e autore del libro edito dal Timone Smetto quando voglio, alla scrittrice – e madre di adolescenti- Susanna Bo. Ormai non ci sono più dubbi: gli effetti collaterali altamente spiacevoli ma purtroppo non così indesiderati da chi trae enormi profitti dalla dipendenza digitale sono una lunga teoria di disturbi e di deprivazioni: problemi del sonno, danni visivi, aumento della solitudine e dei disturbi dell’umore, ansia, declino morale, effetti neurologici non sempre recuperabili.

Non si tratta di irrigidirsi contro un progresso che deve per sua intrinseca inerzia proseguire secondo leggi proprie, né di minimizzare o peggio negare la potenza di fuoco di questi mezzi che sono diventati veri e propri ambienti. Si tratta di esercitare quella strana facoltà, vertiginosa e necessari che ci fa precisamente essere umani e che si chiama libertà, sorelle gemella della responsabilità. Si chiama anche essere adulti. Ed è ciò che più della presbiopia, delle rughe, della rigidità articolare, dovrebbe distinguerci dai bambini e dai giovani. Lasciamo pure che sbuffino e ci trovino antipatici, fa parte del gioco. Ciò con cui non si può più giocare è invece la salute e il vero ben-essere delle generazioni che pur senza chiederlo esplicitamente esigono che facciamo ciò che ci spetta: decidere, guidare, assumerci dei rischi.

Un esperimento già verificato, quello delle limitazioni imposte, e che ha dato incoraggianti risultati: ne abbiamo già parlato, riportando la sintesi di uno studio che mostra come vietare l’uso di smartphone riduca in modo significativo e durevole il ricorso all’assistenza sanitaria per sintomi psicologici soprattutto tra le ragazze. La sospensione dell’uso degli smartphone comporta anche un notevole calo dei casi di bullismo, sia tra i maschi sia tra le femmine. Meglio intervenire alla fonte, impedendo che il corso di un fiume di ingrossi e trascini quantità enormi di detriti, piuttosto che arrivare a devastazione avvenuta, recuperando i sopravvissuti e lottando col fango che ha potuto infilarsi ovunque, no? Fuor di metafora, l’Italia dovrebbe e potrebbe scrollarsi di dosso il difetto che tanto spesso le viene contestato di non avere una mentalità della prevenzione ma di eccellere solo nelle gravi emergenze. Non si può più farlo sulla pelle, sulla mente, e sul futuro dei giovani, proprio quelli che spesso cercano nella terra australiana la possibilità di una vita diversa: facciamogliela trovare anche qua. (Fonte foto: Imagoeconomica)

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