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Storia di un video musicale nel deserto
NEWS 8 Gennaio 2018    

Storia di un video musicale nel deserto

Pubblichiamo la storia del video “Le opportunità che ho perso” dei The sun, una bella storia che merita di essere letta

di Francesco Lorenziwww.francescolorenzi.it

Le opportunità che ho perso non è solamente una canzone. C’è qualcosa di più per coloro che avranno il cuore aperto per comprendere. (…)

La storia di questo video è più unica che rara.

Lo scorso novembre [2016, ndr] eravamo nel deserto del Negev in Israele per girare il videoclip de Il mio miglior difetto. Poche ore dopo l’arrivo nel Negev, scemato l’entusiasmo iniziale, cominciammo a renderci conto che, visto il nostro budget e i nostri mezzi, produrre un videoclip nel deserto di uno stato come Israele non era esattamente una passeggiata.

Io avevo fortemente voluto tornare in quei luoghi che un anno prima m’avevano ispirato la scrittura dell’album. Volevo mantenere un equilibrio di energia, di senso, anche per i videoclip. Purtroppo, però, al terzo giorno nel deserto non avevamo ancora concluso nulla di buono e il morale cominciò a precipitare. Stavamo spendendo un patrimonio per esser lì a girare ed ero stato io a spingere tutti a credere che farlo fosse una buona idea; ma sapevo che era una mezza pazzia. I ragazzi mi avevano seguito in quell’avventura più come atto di amicizia e fede che per convinzione. In effetti perché complicarsi la vita quando si poteva girare il video anche dietro casa? Non potevo biasimarli. Talvolta sono un tipo difficile, cocciuto, e mi fisso con il senso di certe cose.

Al quarto giorno laggiù, fatti 150 km su strade che attraversavano il deserto, arrivati nella location prescelta per il video e dopo aver montato tutta la strumentazione, oltre a vedere che il tempo era stranamente cupo, Boston si accorse di aver dimenticato il basso in hotel. Senza basso non potevamo girare il playback del video e la luce del sole adatta a filmare in quel periodo durava circa un paio d’ore: il morale crollò. Pareva che avessimo perso anche il quarto giorno. Gli animi dei ragazzi si accesero, com’è normale in una situazione del genere. Io invece, in quel preciso momento, sentii una inspiegabile pace nel cuore.

Passata la burrasca di quel momento, Lemma e Boston presero l’auto per andare alla ricerca di un basso (nel Negev!) e scese il silenzio.

Faccio un passo indietro: mentre percorrevamo la strada che da MizpeRamon porta a Eilat, pregando il rosario cominciai a sentire ripetutamente dentro me Le opportunità che ho perso. Tale ripetizione non cessò nemmeno un istante fino a quando Lemma ci disse di aver dimenticato il basso in hotel.

Fu a quel punto che misi assieme il puzzle: in mezzo a tutte quelle difficoltà, mentre la situazione mi stava sfuggendo di mano, quando nel gruppo si era rotto qualcosa, lontani migliaia di km da casa, in un posto così penetrante come il deserto, col cuore a pezzi per la morte di un caro amico in Italia e sconvolti per l’attentato a Parigi della sera prima, mi resi conto che l’unica canzone che in quel momento avrebbe espresso verità era proprio Le opportunità che ho perso. Perché era in quel momento che dovevamo trovare la forza di credere, di lasciarci amare anche da una realtà che talvolta può apparire amara e graffiante. Era quello il momento di rimanere saldi anche se crollava ogni cosa. Erano esattamente il luogo, il momento e la situazione perfetti per girare Le opportunità che ho perso.

Presi da parte Mike e gli dissi che avevo sentito questa cosa, che avevamo avuto tutti i segnali per farlo. Non c’è fuori programma che tenga, perché il programma vero, quello con la P maiuscola, non lo facciamo noi: da noi dipende la scelta di avere un cuore aperto per vedere e agire di conseguenza.

Mike, che pur amando seguire dettagliatamente i programmi ha anche il dono di una grande sensibilità e intuizione (oltre che la pazienza di stare con il sottoscritto), corse con me a cercare il punto perfetto per trasmettere ciò che la canzone comunica.

Dopo aver individuato quell’albero secco incredibilmente evocativo che vedrete, chiamammo il regista e amico Marco Donazzan – professionista di grandissimo talento – e in poco più di un’ora girammo il video.

Mai avrei pensato che questa canzone potesse divenire un videoclip, anche perché è il brano più “complesso” da digerire dei tre dischi dei The Sun.

Ma forse, in questo particolare periodo storico, dall’Alto ci viene chiesto proprio di parlare con più fede di certi aspetti della vita e, dato che ahimè i grandi della musica non lo fanno, per varie ragioni – come avete visto – capita che lo facciamo noi, anche se siamo solamente dei piccoli operai fragili e fallibili, un poco musicisti e un poco sognatori.


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