Dal 2035 i motori a benzina e diesel non potranno più essere prodotti, così ha deciso il Parlamento europeo. Da quel momento saranno solo motori elettici, almeno noi desiderata di Bruxelles, perché in questi dodici anni molte cose potrebbero cambiare.
La decisione appunto solleva molte perplessità, a partire da tutta l’industria automotive italiana e non solo. È davvero la strada giusta quella segnata dal decisore europeo, oppure è una scelta dettata dall’ideologia? Ne abbiamo parlato con Sergio Giraldo, Head of Risk Management and Energy Market Compliance di Utilità e collaboratore del quotidiano La Verità-
L’obiettivo di questa decisione sembra nobile, è quello di ridurre le emissioni di CO2.
«L’obiettivo della decarbonizzazione è solo un pretesto. I 560 milioni di tonnellate di CO2 emesse dalle auto in Ue nel 2022 sono l’1,5% delle emissioni antropiche globali. Ed equivalgono alle emissioni di 80.000 MW di potenza elettrica a carbone, cioè poco più della potenza elettrica a carbone che la Cina ha in programma di aprire entro il 2023, secondo il China electricity council. Noi togliamo e loro mettono. Tutto ciò non ha senso».
Ma non si rischia di mettere in ginocchio l’industria automobilista?
«Il settore industriale che verrebbe distrutto è quello dell’automotive italiano, ma altri invece se ne avvantaggeranno. Sono in corso investimenti per centinaia di miliardi da parte di alcune case automobilistiche. Questa transizione è un ricco mercato vergine, creato da un salto tecnologico radicale, rinforzato da obblighi di legge. Per qualcuno sarà l’Eldorado, mentre altri soccomberanno».
L’elettrico, che peraltro sembra essere l’unica scelta, è davvero così efficiente?
«Come tutte le tecnologie, l’elettrico applicato alla mobilità ha vantaggi e svantaggi. In questo caso, va creato tutto un ecosistema che ancora non c’è. Gli impatti sul sistema elettrico saranno imponenti e i costi saliranno».
E le materie prime? Non significa consegnarsi ancora una volta alla Cina? Perchè?
«La transizione ecologica europea, di cui l’auto elettrica è uno dei componenti, ci mette nelle mani della Cina più di quanto il petrolio ci abbia messo nelle mani del Medio Oriente sinora. L’idea alla base era che la globalizzazione avrebbe permesso catene del valore fluide, coinvolgendo la Cina pensando di arginarne la crescita. Ma qualcuno ha fatto i conti senza l’oste. La Cina può benissimo fare da sé, da una parte. Dall’altra, il decoupling in corso metterà l’Europa in difficoltà. Sono gli esiti delle pianificazioni di Bruxelles, dove evidentemente sono abituati a costruire le case partendo dal tetto».
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