XXVII Domenica del Tempo Ordinario 03/10/2021
Commento al Vangelo Mc 10, 2-16
Ma egli rispose loro: «Che cosa vi ha ordinato Mosè?». Dissero: «Mosè ha permesso di scrivere un atto di ripudio e di ripudiarla». Gesù disse loro: «Per la durezza del vostro cuore egli scrisse per voi questa norma (…)».
Le pagine del Vangelo che ci parlano della sponsalità sono sempre accomunate al tema della Legge; ne sono un esempio i tre sinottici, soprattutto Matteo, che quando affrontano il tema del Matrimonio non lo svincolano mai dalla tradizione e dalla legge; per questo, ho inizito questo commento con la citazione della domanda di Gesù: in cosa consiste l’ordine di Mosè?
In realtà Mosè non ha ordinato nulla e mi spiego.
La prassi del ripudio (che non è un vero e proprio divorzio) non appartiene alla dottrina ebraica.
Il divorzio era una realtà normata dal diritto privato, che lo prevedeva su iniziativa del marito anche se esistevano alcune eccezioni anche per le donne. Il matrimonio era un contratto, neppure scritto, che nell’Antico Testamento non si riferisce a nessuna legge sul matrimonio. Il brano del Deuteronomio a cui certamente si riferiscono i farisei (Dt 24,1-4) in verità appartiene alla casistica e non alla dottrina, perché mette a fuoco un caso particolare, e di conseguenza deve essere recepito con dei limiti ben precisi: Quando un uomo ha preso una donna e ha vissuto con lei da marito, se poi avviene che ella non trovi grazia ai suoi occhi, perché egli ha trovato in lei qualcosa di vergognoso (‘erwat davar, lett.: “nudità di qualcosa”), scriva per lei un certificato di ripudio, glielo consegni in mano e la mandi via dalla casa (Dt 24,1).
Viene dunque contemplato il caso in cui l’uomo trovi nella moglie “qualcosa di vergognoso”, espressione assai vaga che i rabbini interpretano in modi molto diversi; in tal caso, il marito ha la possibilità di ripudiarla. Si delinea bene che il ripudio non è un atto liberale e avulso da motivi sostanziali, di fatto si tratta della impossibilità di vivere una comunione matrimoniale dopo aver sperimentato un tempo di convivenza. Evidentemente la casistica era ricca e particolare e questa possibilità sorge per cercare di rimediare ma non è la forma ideale e nemmeno prevista e voluta da Dio, come Gesù ricorda nella citazione di Genesi.
Mosè, quindi, non “ordina” qualcosa, direi meglio che indica una modalità che cerca di dare un ordine sociale ad un possibile caos, ed è questo il punto che vuole sollevare il Signore.
Gesù non entra in discussione con la casistica, perché la casistica è frutto di un’analisi aritmetica della vita e Gesù non vuole fermarsi ai numeri, bensì richiama alla sostanza: il Regno dei Cieli è un dono per tutti ma non è gettato ai quattro venti; è Amore da sperimentare e riconoscere, non un sentimento passeggero che fa delle relazioni umane un “usa e getta” della vita.
Il disegno di Dio è frutto di una relazione profonda ed eterna di Amore: la relazione della Santissima Trinità che produce il dono dell’eternità della vita, in un Padre che dona l’esistenza ad un Figlio Amato che sua volta si dona per la salvezza dell’umanità in un rapporto eterno di cui legame e azione è lo Spirito Santo.
Ripudiare la propria moglie o il proprio marito (ed è significativo che Gesù sottolinei anche la possibilità che sia la donna a recedere da questo “patto” che meriterebbe un approfondimento storico sulle tradizioni dell’Antico Testamento) significa spezzare questo vincolo di Grazia tra Dio e la Sua creatura che nel Sacramento matrimoniale torna ad essere l’Ad-am, l’uomo dell’Eden, ossia la profonda unità tra uomo e donna che non conosce la corruzione del peccato. A questo devono tendere gli sposi. Nelle difficoltà, nei dolori, nelle incomprensioni, c’è la possibilità di ricreare costantemente questa unità tornando all’origine: il disegno di unità di Dio. Ecco perché Gesù può aggiungere con solennità: Dunque l’uomo non divida quello che Dio ha congiunto. Se la scelta di comunione tra un uomo e una donna è fondata sul vincolo del sacrificio di Cristo e dell’Amore della Trinità, non è più casistica ma realtà umana che si apre alla eternità di Dio.
Mi verrebbe da suggerire ad ogni coppia di sposi: ogni giorno rinnovate questo desiderio di vita matrimoniale, rinnovate questa vocazione familiare e ripetete con Paolo: «Chi ci separerà dal suo amore? La tribolazione, forse la spada? Né morte o vita ci separerà dall’amore in Cristo Signore».
Ma per questo occorre volontà, disponibilità, ricerca della Verità, Amore alla Grazia di Dio.
Perché sia piena comunione non ci può essere spazio per il sopruso, non ci può essere spazio per la lussuria, non ci può essere indisponibilità ad onorare la propria sposa o sposo, non ci può essere spazio alla volontà di affermare il proprio disegno alternativo all’archetipo ( ἀρχή ) primigenio ed eterno di Dio, che viene tradotto in quel “in principio” che ricorre dalla Genesi all’Apocalisse.
Non è impossibile ma è il bellissimo e laborioso frutto della vita in Cristo.
Capiamo quindi l’importanza della preghiera familiare, del perdono vicendevole, della pazienza e dell’accoglienza reciproca nel rispetto delle fatiche di ciascuno, una vita educativa che richiama fortemente la necessità della Chiesa di essere Madre dei suoi figli mentre li accompagna fin dal fidanzamento nella loro vocazione.
“Abuna Francesco, che fatica lontano dalla mia famiglia ma sono certo che tutto questo passerà, ci rafforzerà, perché è come quello che hanno vissuto San Giuseppe e Maria Santissima per salvare il piccolo Gesù lontano dalla loro casa”. Fares è lontano da moglie e figli che hanno lasciato il Kuwait e attendono di ricongiungersi. L’attesa, la lontananza, i pensieri e gli scrupoli di un padre e di un marito che si sommano alla pregustata gioia di rivedere la propria famiglia, una battaglia costante ma con al certezza della Vittoria, perché anche San Giuseppe con Maria hanno vissuto nella precarietà delle condizioni politiche, ma vince la Bellezza. Così Fares che è un grande sarto, prepara vestiti per i suoi figli e abiti per la moglie, perché la comunione si vive anche nel distacco ed il distacco obbligato può essere offerto e sfruttato come un nuovo inizio, un rilancio sull’eterna giostra della Grazia di Dio che non gira a vuoto, ma riempie il volto del vento dello Spirito.
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