III Domenica di Pasqua 18/04/2021
Commento al Vangelo Lc 24,35-48
«Perché siete turbati, e perché sorgono dubbi nel vostro cuore? Guardate le mie mani e i miei piedi: sono proprio io! Toccatemi e guardate; un fantasma non ha carne e ossa, come vedete che io ho». Dicendo questo, mostrò loro le mani e i piedi. Ma poiché per la gioia non credevano ancora ed erano pieni di stupore, disse: «Avete qui qualche cosa da mangiare?». Gli offrirono una porzione di pesce arrostito; egli lo prese e lo mangiò davanti a loro.( Lc 24, 36-43)
Credo che queste pericopi siano il centro del Vangelo della Liturgia di questa Domenica. Abbiamo ascoltato, nella seconda Domenica di Pasqua, l’incredulità di Tommaso che nasceva, però, da una ragionevole ricerca di verità, dalla ricerca di una certezza: voglio essere sicuro che sia Lui, che sia il mio Signore e mio Dio, come poi affermerà otto giorni dopo, per questo devo toccare le sue ferite, altrimenti non credo.
Nell’episodio “odierno” succede la stessa cosa, con la differenza che i suoi discepoli sono impauriti non dalla possibilità di un “tranello” sulla reale presenza di Gesù Risorto, ma dallo stupore di vedere qualcosa di impensabile: un fantasma come essi stessi dicono.
Questo stato d’animo è qualcosa di molto connaturale a ciascuno di noi. Nella mia esperienza qui in Kuwait, dove assisto il contingente italiano in missione, ho sperimentato molte volte questo stesso stupore ogni qualvolta sono andato a visitare le piccole comunità o singole famiglie di cristiani che si trovano qui: un sacerdote! Davvero possiamo fidarci o è un controllo mascherato del governo? Resta con noi, resta a mangiare con noi!
La fiducia si conquista con la familiarità: “datemi qualcosa da mangiare”; “resta con noi a cena, ormai si fa sera” (abbiamo sentito nell’episodio di Emmaus).
Avviene così anche per la fede: Tommaso aveva bisogno di quella familiarità ma non aveva ancora chiaro che avrebbe dovuto cercarla nella comunione con gli altri discepoli (“Io sarò lì in mezzo a voi”) cosi come i discepoli sulla spiaggia avevano bisogno della familiarità di Gesù per superare il dubbio della “fantasia”, della superstizione, per entrare nell’abbraccio del Signore.
E’ la stessa gioia dello sguardo di madri e padri venuti qui per lavorare e che si trovano a dover difendere, sostenere e tramandare la fede che ogni giorno è la linfa del martirio che in questa terra alimenta la Chiesa intera.
Così avviene per noi oggi, qui in Kuwait, come in ogni comunità cristiana nel mondo: ci riconosciamo dalla familiarità della nostra fede, vissuta, reale come la bellezza del mangiare assieme, del riconoscersi fratelli, del sentire la parola “E’ Risorto!” in lingue diverse (qui i cristiani sono indiani, libanesi, spagnoli, filippini e qualche italiano) che indica una sola strada: siamo fratelli per camminare insieme verso la Vittoria che Cristo ha guadagnato per noi!
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