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Stati Uniti, dal Congresso la proposta «Non chiamiamolo feto, ma bambino»
NEWS 9 Dicembre 2021    di Federica Di Vito

Stati Uniti, dal Congresso la proposta «Non chiamiamolo feto, ma bambino»

Il dibattito negli USA sull’aborto continua a farsi acceso: la scorsa settimana la Corte Suprema ha ascoltato le argomentazioni orali sulla costituzionalità del divieto all’aborto dopo la quindicesima settimana in Mississippi. Ne è venuto fuori che ben ventisei stati sarebbero pronti a vietare l’aborto di fronte ad un ribaltamento – che sarebbe epocale – della Roe v. Wade. Un’ipotesi che di giorno in giorno si fa meno remota e che infliggerebbe «un duro colpo a 50 anni di precedenti legali che garantiscono il diritto all’aborto», a detta del Guttmacher Institute, un’organizzazione politica e di ricerca sui diritti riproduttivi.

«Nel 2016 circa i due terzi degli aborti sono stati eseguiti all’ottava settimana di gestazione o prima e quasi il 12% dopo 13 settimane», afferma l’istituto. Quest’ultimo ha poi condotto un altro studio che mostrerebbe come un residente del Mississippi dovrebbe guidare una media di 600 chilometri per raggiungere una clinica dove eseguire l’aborto. A “pagare le conseguenze” del divieto all’aborto sarebbero i cittadini meno abbienti, la maggior parte di colore, come affermano i sostenitori.

Siamo sicuri siano proprio queste le vittime della storia? Non c’è forse qualcun altro, totalmente dimenticato dalla narrativa quotidiana, a cui viene tolta ogni possibilità di sostenere i propri diritti?

C’è qualcuno che ha spostato l’attenzione su chi viene custodito nel grembo delle donne che hanno la possibilità di scegliere per il proprio corpo. Doug Lamborn, un repubblicano del Colorado, membro del Congresso pro-vita, ha introdotto insieme a 19 dei suoi colleghi una nuova legislazione che sostituirebbe il termine “feto” con “bambino non ancora nato” attraverso una legge federale, al fine di sottolineare l’umanità dei bambini non ancora nati, chiamandoli semplicemente con il proprio nome. “Recognizing the Unborn Act”, questo il nome della legge che consegnerebbe al feto un nome dignitoso.

E non è mai semplicemente un nome. Ciò che c’è dietro è una realtà mascherata da parole ben selezionate. Allora se “aborto” può diventare “diritto”, ecco che “feto”, parola sterile e vuota programmata a tavolino per levare di mezzo dalla nostra mente le possibili implicazioni negative dell’aborto, deve tornare a essere “bambino”.

«Ogni singolo essere umano, nato o non nato, è dotato dal suo creatore del diritto alla vita. Questo è il motivo per cui ho introdotto l’HR 6099“Recognizing the Unborn Act”, che riconosce il bambino non ancora nato come una vita umana. Troppo spesso quelli di sinistra cercano di disumanizzare e degradare la vita dei bambini non ancora nati. La mia legislazione continua a lottare per riconoscere e proteggere i più vulnerabili nella nostra società», ha spiegato Lamborn.

Come sempre sono due le forze in azione in quello che sembra essere un vero e proprio campo di battaglia. I sostenitori pro life non hanno tardato a far sentire il loro sostegno, la Family Policy Alliance ha commentato: «HR 6099 mette avanti la verità: ogni bambino, sia nato che non nato, è umano a tutti gli effetti e merita il pieno riconoscimento dalla legge. Ringraziamo il rappresentante Lamborn per aver presentato questa importante legislazione e attendiamo il giorno in cui ogni bambino in America sarà pienamente riconosciuto e protetto». Sembrano tenere a mente che la “battaglia” va oltre le donne, oltre l’aborto, oltre ciò che ci sembra difficile oggi poter cambiare. Sembrano tenere a mente che è la verità a doversi fare strada, non l’idea del singolo o l’ideologia dominante.

“Rivestitevi dell’intera armatura di Dio per poter rimanere ritti e saldi contro le insidie del diavolo poiché il nostro combattimento non è contro sangue e carne, ma contro i principati, contro le potestà, contro i dominatori del mondo di tenebre di questa età, contro gli spiriti malvagi nei luoghi celesti.” (Efesini 6, 12-13)

(Fonte 1)

(Fonte 2)

 


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