«Dimmi con chi vai e ti di dirò chi sei» è il detto, che potrebbe anche essere «Dimmi chi ti sostiene – e ti finanzia – e ti dirò chi sei». Interessante a questo proposito un’analisi di Bloomberg – pubblicata il 2 novembre scorso, il giorno prima dell’election day – su dati ottenuti dalle due piattaforme online ActBlue and WinRed, attraverso cui è possibile fare donazioni alle campagne di Joe Biden e Donald J. Trump. Bloomberg ha cioè selezionato le 100 realtà che danno lavoro negli Usa con il più alto numero di dipendenti che hanno fatto donazioni a uno o all’altro candidato.
L’articolo è corredato da un’infografica dove sono rappresentati cerchi di grandezze differenti, blu e rossi, dove la dimensione e l’intensità di colore indicano la quantità di dipendenti che hanno fatto donazioni e a quali dei due candidati alla Casa Bianca sono andate. Il grafico è praticamente tutto blu. Le società in pole position sono Apple, Google e Amazon seguite da Microsoft, Ibm, Accenture, Nike, Disney, J.P. Morgan, Starbucks. Ma non ci sono soltanto aziende private, figurano infatti anche università come Harvard, Standford, Yale, Johns Hopkins, ecc. e lo stesso US Government. Il corpo lavorativo di multinazionali, colossi dell’Hi-Tech, alte istituzioni si è mostrato decisamente più orientato a sostenere il candidato democratico. Nel grafico le poche realtà che appaiono a favore di Trump – ripetiamo, i loro lavoratori – sono la Polizia di New York City, l’Esercito e la Marina.
Bloomberg ha poi preso in esame più specificamente le professioni di chi ha sostenuto i due candidati. Ne è emerso che avvocati, professori, medici, psichiatri, infermieri, banchieri, musicisti, scrittori, editori, general manager e professionisti del marketing hanno sostenuto Biden. Al contrario Trump ha avuto successo tra piccoli imprenditori, allevatori e agricoltori, camionisti, muratori, agenti di polizia, casalinghe. A questo proposito, inoltre, chi ha sostenuto Trump ha indicato «moglie» nel titolo dell’occupazione per una percentuale cinque volte superiore a quella tra i sostenitori di Biden.
La differenza di ceto si è fatta sentire anche nel totale della somma raccolta. Biden ha riferito di aver raccolto quasi 1 miliardo di dollari di contributi individuali a partire dal 14 ottobre. Trump ha raccolto circa 600 milioni di dollari. Comunque la si pensi, appare evidente che Biden può contare su sostenitori forti economicamente e come posizione sociale, Trump ha dalla sua l’America rurale e la low class.
Per molti media questo è un dato negativo, disprezzabile. Scrive ad esempio Fanpage: «Poveri, disoccupati e anti establishment: quello a Trump è il voto di chi ha perso tutto. Donald Trump ha fatto campagna elettorale negli Stati più colpiti dalla crisi delle industrie e lì ha promesso di creare milioni di posti di lavoro, punire gli industriali, proteggere il lavoro degli americani. Ha dato speranza a chi è stato abbandonato dalla politica».
Un dato che dovrebbe far riflettere, soprattutto chi continua a chiamarlo tycoon, magnate, quasi a volerlo rendere impresentabile per i poveri che, invece, hanno scelto proprio lui.
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