Il vostro nuovo singolo parla della guerra in Iraq, che non è esattamente il primo argomento che ci si aspetta da una boy band. Perché l’avete scelto?
«L’idea è nata leggendo la notizia dell'omicidio del professore Mahmud Al’Asali. Era un musulmano, esperto in diritto coranico, ucciso davanti ai suoi studenti perché difendeva i diritti dei cristiani. L’ho visto come un segno dei tempi. Ho approfondito la materia e ho capito che non è una questione religiosa ma culturale, di empatia e d’educazione all’amore».
Lo sa vero che il suo gruppo fa a pezzi il cliché del cattolico triste e un po’ sfigato?«Non dovremmo rappresentare l’eccezione perché la fede ha dei contenuti straordinari, sempre attuali. Noi stessi, girando in tour, abbiamo incontrato molti fedeli carismatici».
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