La tocca piano Carola López Moya e definisce l’attivismo trans niente di meno che una setta. Che indottrina, manipola, inganna. Atea, femminista e di sinistra, la López Moya non ha il complesso di inferiorità di chi infiocchetta e ammorbidisce quello che pensa per piacere al mondo, perché le sue affermazioni sono frutto del suo lavoro, quello di psicologa. «Se qualcuno è scontento del proprio corpo – aveva osato dichiarare pubblicamente un anno fa – la cosa logica è aiutarlo ad accettarsi con la minor invasività possibile».
Non solo, a chi le chiedeva direttamente se le donne trans fossero in realtà uomini lei rispondeva «certamente sì». Parole a causa delle quali era diventata la prima persona in Spagna ad essere denunciata per odio transfobico. Ha rischiato la sospensione della sua attività lavorativa e una sanzione di 120 mila euro, e ha deciso di raccontare la persecuzione subita in un libro che si intitola appunto La setta, l’attivismo trans e come ci manipolano, uscito due settimane fa per l’editore Deusto.
«La dottrina trans/queer sta mostrando una preoccupante deriva settaria che colpisce la società – scrive nel libro – Un guru, che sia politico o influencer, si proclama portatore dell’unica verità basata su slogan. La dottrina queer ripete più e più volte gli slogan “i diritti delle persone trans sono diritti umani” come se non godessero degli stessi diritti degli altri; o “le donne trans sono donne” ignorando la biologia e le complicazioni legislative che essa comporta per le donne stesse. L’identificazione con il gruppo è essenziale come strumento di persuasione coercitiva basato sul controllo cognitivo, poiché rivendicano la superiorità morale. C’è un grande rinforzo sociale positivo verso chi si dichiara trans. Nell’adolescenza, questo rinforzo viene accolto come un balsamo quando ci sono ferite emotive irrisolte. In questo modo, la dottrina queer approfitta della vulnerabilità degli adolescenti attraverso il controllo emotivo emotivo. Il gruppo ha il suo modo di presentarsi al mondo: la bandiera trans, i pronomie la ben nota “identità di genere”. Sono i loro simboli che consentono loro di riconoscersi l’un l’altro distinguendosi dalla società. Creano il proprio gergo linguistico che cerca di cambiare la realtà del mondo».
Se le sigle Lgbt che la avevano denunciata un anno e mezzo fa pensavano di averla intimidita e soprattutto zittita dunque, si sbagliavano. Carola López Moya, che ha un seguitissimo account twitter, non si ferma. Mamma di una bambina affetta da paralisi celebrale severa a causa di violenza ostetrica al momento del parto e da allora attivista in supporto alle madri che vivono il suo stesso Calvario, la López Moya ora aiuta anche i genitori dei ragazzi che “vogliono cambiare sesso” e soprattutto non esista a denunciare la violenza di chi li imbottisce di bloccanti della pubertà o li sottopone a mutilazioni chirurgiche irreversibili.
Mentre in Italia dunque l’intellighentia di sinistra propaganda la “famiglia queer”, in Spagna che c’è, sempre da sinistra, chi descrive proprio il movimento queer “una nuova religione” fatta di riti, dogmi indiscutibili, promesse di salvezza fatte a persone vulnerabili che ne faranno le spese a vita. Un nuovo culto dunque, ma della menzogna. Di fronte a cui, come López Moya insegna, è vietato arrendersi, così come tacere. [Fonte foto: Facebook]
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