Suona quasi come un grido d’allarme quello lanciato, seppure attraverso il freddo dato numerico, da José Pablo Ferrándiz, sociologo e direttore dell’ufficio demoscopico “Elemental Research”, che sul webmagazine spagnolo Infolibre ha messo in evidenza gli effetti del veloce processo di secolarizzazione in atto in Spagna e che si manifesta in modo particolare sul piano politico.
Come dichiara Ferrándiz, durante la prima transizione dal Franchismo alla democrazia la Spagna era ancora dichiaratamente cattolica, con valori opinioni e comportamenti strettamente legati alla tradizione cristiana e addirittura la percentuale degli agnostici, atei e non credenti non raggiungeva il 10% della popolazione. Ma dal 2000 in poi ci sarebbe stata una trasformazione radicale.
«Attualmente i cattolici praticanti costituiscono il 16,7% della popolazione, il suo minimo storico – specifica Ferrándiz – mentre quelli che si identificano come cattolici non praticanti sono il 39,9% della popolazione spagnola. La stragrande maggioranza dice di non essere praticante. Ma la cosa più sorprendente – spiega il sociologo – è che c’è un terzo degli spagnoli che si dichiarano agnostici, atei o non credenti».
A sostegno delle sue dichiarazioni, inoltre, Ferrándiz porta i dati del CIS (Centro de Investigaciones sociològicas) secondo cui nel 2000 la percentuale di non religiosi era appena il 13,1% della popolazione, a fronte di una maggioranza di cattolici, l’83,1%, anche se coloro che si dichiaravano praticanti erano una minoranza in quel gruppo. Un decennio dopo, nel 2010, la percentuale di “non religiosi”, si attestava già intorno al 20,2%.” Un calo che si riscontra, attualmente, soprattutto tra i giovani, nella fascia di età dai 18 ai 34 anni, in cui il 60% si dichiara non religioso, mentre il 30% si dichiara cattolico.
Un quadro che ha un riflesso anche sul voto. Come spiega Ferrándiz in questioni in cui la fede può rivelarsi più che mai importante come il matrimonio omosessuale, l’aborto, l’eutanasia o l’identità di genere, non ci sono grandi differenze o divari insormontabili tra credenti (o sedicenti tali) e non, nei sondaggi. La maggioranza è infatti favorevole. Addirittura a detta del sociologo, la società spagnola risulterebbe tra le più “progressiste” d’Europa. Un notevole impulso alla deriva progressista, in realtà, sarebbe stato dato, già a partire dal 2004, con la vittoria di José Luis Rodríguez Zapatero, pensiamo solo alla copertura mediatica che con Zapatero, ha avuto la questione del matrimonio omosessuale e non solo.
E ora la religione sembra essere stata cacciata quasi totalmente, dalla vita politica, ma probabilmente perché è stata contemporaneamente, eliminata anche dalla vita pubblica: i tre partiti attualmente al governo, Podemos, Psoe e Izquierda Unida, non nascondono l’astio verso la Chiesa e i cattolici. Podemos e Psoe, in modo particolare, hanno basato la loro alleanza politica su questo tipo di programma, pretendendo, dal presidente Sanchez, di mettere per iscritto il suo impegno ad eliminare l’articolo del codice penale che protegge i sentimenti religiosi dagli attacchi. Lo stesso Sanchez avrebbe promesso l’eliminazione di ogni simbolo religioso dalla sede del governo e si sarebbe impegnato a “consolidare la condizione di laicità dello Stato”.
Ma non manca la reazione dal basso, a farsene portavoce è stata la formazione Vox guidata da Santiago Abascal, come ha spiegato Francesco Giubieli nel nostro dossier dedicato alla Spagna in cui un reportage di Luigi Piras racconta anche che pur nel quadro di fatica, c’è un popolo che lotta per la propria fede.
Ci auguriamo che un popolo resista anche in Italia in cui già si fa una gran fatica, anche tra i cattolici, a tenere ferma l’asticella sulle questioni etico-sociali, pensiamo ad esempio a tutti quei politici “cattolici” che hanno promosso la legge sulle unioni civili e, recentemente il ddl Zan. Eppure, il cristianesimo, anche nei periodi più bui della storia, non ha mai temuto cambi di paradigma, ma spesso, anzi, sulle rovine culturali del proprio tempo, ha costruito le proprie basi di rinascita. Per questo ci auguriamo che nel nostro Paese, in cui sicuramente è in atto una crisi culturale e religiosa non di poco conto, i cattolici, in politica non solo non arrivino all’insignificanza, ma che le “minoranze creative” di cui ha più volte parlato Benedetto XVI, continuino e non smettano mai, di far “fermentare la massa”, così com’è sempre stato nella storia.
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