Mai come in queste ore, con la cattedrale di Notre-Dame rimasta a lungo avvolta dalle fiamme, la Francia e l’Europa stessa sono portate ad interrogarsi sul loro futuro. Un interrogativo per esplorare il quale può tornare senz’altro utile un recente e profondo dialogo – pubblicato sul sito cattolico First things – fra lo scrittore francese più celebre di questi anni, Michel Houellebecq, e Geoffroy Lejeune, il direttore della rivista Valeur actuelles. Uno scambio di battute più che mai utile dal momento che, appunto, si concentra proprio sul futuro della Chiesa, la quale deve anzitutto fare i conti con le proprie criticità e le proprie ferite.
Questo, almeno, il punto di vista di Lejeune, secondo il quale una riflessione dovrebbe essere avviata in particolare a partire dalla liturgia contemporanea. «Devo ammettere», ha affermato il direttore di Valeur actuelles, «che in certe assemblee si respira un clima preoccupante, perché alcuni membri sembrano posseduti. E non mi sono mai sentito più lontano da Dio che in queste occasioni». Lejeune è altresì convinto che, «avvicinandosi ai costumi comuni, nel parlare la lingua del suo tempo, la Chiesa credeva di poter mantenere il legame con i fedeli che erano stati messi fuori gioco dalle rivoluzioni liberali e sessuali», ma qualcosa, evidentemente, è andato storto.
Interessante, venendo a Michel Houellebecq, è invece il passaggio in egli si chiede quali siano «esattamente i secoli di splendore della Chiesa», finendo per rispondere è impossibile non riconoscere la bellezza delle cattedrali, anche se è solo in «un chiostro romanico» che riesce a sentirsi «in pace, collegato alla divinità». Parole che spiegano bene quanto l’autore di Sottomissione sia un ateo devoto, e forse qualcosa di più. Sempre Houellebecq, infatti, dialogando con Lejeune sul futuro del cristianesimo sulla cui rinascita non ha però certezze («la Chiesa può riacquistare il suo antico splendore? Non lo so»), alla fine conclude: «Può il ritorno del cattolicesimo al suo antico splendore riparare la nostra civiltà danneggiata? La risposta è semplice, quasi scontata: sì».
Una presa di posizione senz’altro forte, anche se non del tutto sconvolgente se si pensa che, nell’ottobre dello scorso anno, tenendo una conferenza a Bruxelles, tutta dedicata all’Occidente, il celebre scrittore francese si era già pesantemente scagliato contro un mondo che non valorizza il sacro. «Una società senza religione, una società secolarizzata», aveva affermato Houellebecq, «conduce una vita infelice e breve. Questa era la tesi di Auguste Comte ma mi ha sedotto perché ho avuto l’opportunità di scoprire nella mia vita privata che la religione è in grado di cambiare il comportamento di un essere umano, in effetti è l’unica cosa in grado di farlo».
Sempre in quell’occasione, l’autore di Sottomissione aveva evidenziato come i cattolici possano essere il volano della rinascita anche demografica del Vecchio Continente: «Il fatto è che i fedeli cattolici mettono al mondo più bambini degli altri. E trasmettono i loro valori ai bambini. Cioè, il loro numero aumenterà».
Tornando al suo bel dialogo con Lejeune, viene però da chiedersi: come mai tocca ascoltare da un ateo devoto come Houellebecq una considerazione tanto esplicita sull’importanza del cattolicesimo come rimedio alla crisi della nostra società? E perché tanti pastori non riescono, a loro volta, a fare proprio un concetto così chiaro e decisivo? Forse è pure questa, in fondo, una manifestazione del vuoto che attanaglia l’Occidente. Difficile infatti non pensare, davanti alle immagini di Notre-Dame in fiamme, a come l’Europa oggi resti purtroppo povera del fuoco più importante. Quello della fede.
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