C’è un vescovo ad Alcalá de Henares. Riprendendo la famosa frase attribuita a Bertolt Brecht – «ci sarà pure un giudice a Berlino!» – si potrebbe commentare così il coraggio con cui monsignor Juan Antonio Reig Pla, vescovo appunto di Alcalá de Henares – comune spagnolo di 200.000 abitanti nella comunità autonoma di Madrid -, ha deciso di denunciare la nuova legislazione eutanasica del suo Paese. Sì, perché la settimana scorsa mons. Reig Pla c’era andato giù molto duro, accusando «le forze laiciste unite alle forze politiche favorevoli alla relativizzazione culturale, morale e religiosa» d’aver trasformato «la Spagna in un “campo di sterminio”».
Per quanto il vescovo non si riferisse solo alla legislazione sulla “dolce morte” – nel suo discorso veniva denunciato tutto un «tsunami di leggi» iniziato nel 1981 con il divorzio -, le sue parole hanno fatto rumore. Tanto. Al punto che il PSOE – acronimo che sta per Partito Socialista Operaio Spagnolo – di Alcalá de Henares non solo non l’ha presa benissimo, ma ha esplicitamente invitato il pastore a tornare sui suoi passi. E l’ha fatto con una apposita nota, a sua volta decisamente poco tenera nei toni e nelle richieste.
«Il vescovo ha definito la Spagna un “campo di sterminio”», recita il comunicato, «e ora chiediamo che egli rettifichi e si scusi per le sue dichiarazioni inaccettabili, e gli chiediamo di smetterla di pronunciare i suoi già fin troppo comuni sfoghi verbali. Il PSOE di Alcalá de Henares esprime attraverso questo comunicato l’assoluto rifiuto provocato dalle deplorevoli dichiarazioni del vescovo Reig Pla, il quale, lungi dall’avanzare e approfondire l’armonia che predica la fede cristiana, sembra ancora una volta deciso a polemizzare, polarizzare e dividere la nostra società, che vive in una piena democrazia in cui le leggi sono proposte, dibattute e approvate in forma democratica».
Che dire: da parte dei socialisti è arrivata davvero una forte tirata d’orecchi a monsignor Reig Pla; il quale, ragionando con i canoni cari al politicamente corretto, sarebbe dovuto subito correre a scusarsi o, quanto meno, a riconoscere che sì, in effetti i suoi toni sono stati un po’ eccessivi, impulsivi, fuori luogo e – soprattutto – «divisivi», per citare il solo peccato laico che la cultura dominante ancora contempla e sanziona. Peccato che, come si diceva all’inizio, ci sia un vescovo ad Alcalá de Henares. Quindi non solo i socialisti non hanno ricevuto alcun dietrofront, ma a loro è pure arrivata una risposta per le rime.
Sì, perché pur articolata in otto pacati punti, in questa nota le parole sul “campo di sterminio” vengono ribadite senza alcun tentennamento, specificando solo che «il riferimento alla Spagna come “campo di sterminio” è circoscritto agli spazi in cui avvengono morti innocenti (nel grembo materno, nei laboratori, nelle cosiddette «cliniche abortive» e nei centri sanitari ora anche con l’eutanasia». Non solo. Nella nota di replica, c’è pure una lezione sul fondamento antropologico dello stare assieme.
«Perché viviamo insieme nella società?», si legge, «per proteggerci, prenderci cura di noi stessi e sviluppare al massimo il bene comune che riguarda la totalità di ogni persona e, insieme, tutte le persone. Ovviamente, lo Stato è responsabile della cura e della protezione delle persone attraverso i servizi sanitari. L’esercizio del contrario distorce l’atto medico (cura, cura, assistenza, ecc.) E implica l’abbandono illegittimo della sua missione». Parole chiarissime, che non abbisognano di alcun commento se non la ripetizione, per la terza volta, di una constatazione che – visti i tempi – dà particolare sollievo: c’è un vescovo ad Alcalá de Henares.
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