Padre Michael Nazir-Ali, classe 1949, prete cattolico ex vescovo anglicano originario del Pakistan poi trasferitosi in Inghilterra (dietro richiesta dell’allor arcivescovo di Canterbury, che lo sapeva nel mirino islamista), è uno che non le manda a dire. E i lettori del Timone lo sanno bene, dato che proprio a gennaio sulla rivista hanno potuto leggere una intervista di questo sacerdote, che prima della conversione al cattolicesimo è stato un vescovo anglicano e che è stato tra i primi a denunciare le derive del multiculturalismo inglese.
Ebbene, questo sacerdote è tornato a rilasciare un’altra intervista con considerazioni decisamente forti e impopolari anche, c’è da scommetterci, agli occhi di un certo ecclesialmente corretto. Lo ha fatto parlando ad Asianews, al quale ha anzitutto ricordato la pessima aria che tira nel suo Pakistan, dove «sulla stampa gli estremisti islamici hanno una posizione dominante». In secondo luogo, e sono state forse le sue parole più pesanti, padre Nazir-Ali ha voluto dire la sua su un malinteso senso di sinodalità che porta, di fatto, quasi a mettere in discussione tutto.
«Sinodalità», ha voluto chiarire il sacerdote, «significa semplicemente camminare insieme ed è bene che vengano consultati anche i laici. Ma l’esperienza delle chiese anglicane e protestanti insegna che bisogna guardarsi dai gruppi di pressione esterni alla Chiesa, che possono essere molto attivi e ben organizzati. Anche poche persone possono fare molto rumore. In secondo luogo, bisogna soppesare le opinioni di chi viene consultato».
Su quest’ultimo aspetto padre Nazir-Ali ha voluto soffermarsi ulteriormente, chiarendo che «non si può dire semplicemente: questa è la voce del popolo di Dio […] dobbiamo sviluppare un senso critico al riguardo, specialmente quando Dio ha affidato ad alcune persone il ministero di guidare la Chiesa». Ancora, il sacerdote ha voluto sottolineare che «il sensum fidelium non è solo l’opinione degli uomini di oggi: è il significato della fede lungo i secoli, ha un aspetto sia diacronico che sincronico».
Si tratta senza dubbio di considerazioni sagge e che, in un certo senso, valgono doppiamente se si pensa che provengono da un sacerdote – come si accennava all’inizio – che ha toccato con mano la fragilità di un mondo anglicano che, a forza di dialogare col mondo, rischia di mimetizzarsi con esso. Un rischio che la Chiesa non può e non deve correre, se vuole continuare nella sua decisiva missione di evangelizzazione.
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