Altro che “falso medievale”, la Sindone può benissimo essere autentica. È quanto emerge da un recente studio, pubblicato sulla rivista accademica Heritage e condotto da alcuni ricercatori italiani con la tecnica di raggi X ad ampio angolo (WAXS), raggi che sono in grado di misurare l’invecchiamento naturale della cellulosa di lino, e – quindi – di risalire con precisione al tempo in cui la stoffa è stata prodotta. Ebbene, secondo le risultanze di questa ricerca la Sindone sarebbe stata conservata a una temperatura che si aggirava intorno ai 23 gradi e con un’umidità relativa del 55% per tredici secoli prima di giungere nel Vecchio Continente. Non è finita.
Secondo quanto emerso da questa indagine, il filato sindonico risulterebbe compatibile con altri tessuti di lino rinvenuti in Israele e risalenti al primo secolo dopo Cristo. Tutto questo non può non colpire anche perché la convinzione degli autori di questo studio è che la tecnica WAXS sia non solo affidabile, ma anche più accurata della datazione al carbonio, in quanto non è influenzata da una possibile contaminazione da carbonio 14 – limitazione che potrebbe avere ha influenzato i risultati del 1988. Tutto questo appare estremamente interessante, anche perché si inserisce in un filone di ricerche che, pur effettuate da studiosi differenti, vanno nella stessa direzione.
Si pensi ad una nuova ricerca del professor Giulio Fanti dell’Università di Padova, pubblicata su Archives of Hematology Case Reports and Reviews, che ha portato a concludere come il tessuto sindonico sia stato utilizzato da qualcuno con reali ferite sanguinanti e non come ipotizzato da molti detrattori, usando inchiostro, tintura, vernice o altre tecniche. Significativa anche l’individuazione di tracce di creatina, sostanza rilasciata nel sangue quando una persona subisce un trauma muscolare o quando le cellule del cervello, del cuore o dei muscoli scheletrici vengono danneggiate.
Queste risultanze, a loro volta, si sommano con altre sempre recenti e significative. Come infatti abbiamo ricordato sul sito del Timone lo scorso marzo, anche altre nuove analisi condotte sulla celebre Sindone hanno rivelato che il lino utilizzato per confezionarla è stato coltivato in Medio Oriente, con William Meacham, l’archeologo americano che ha commissionato tali analisi, ha dichiarato: «Con l’ipotesi dell’origine orientale devono essere sollevati nuovi dubbi sull’interpretazione della sindone come semplice reliquia falsa realizzata nell’Europa medievale e sorgono nuove domande sul significato dell’immagine sul telo».
L’accumularsi di grandi perplessità, tra gli studiosi, sulla tesi del “falso medievale” ormai non è più nota solo ai cattolici, anzi. Prova ne è il fatto che pochi giorni fa il Daily Mail dava notizia del fatto che si fa largo, nella comunità scientifica, una richiesta specifica: quella di una nuova analisi della Sindone di Torino; una richiesta che trae spunto che sono sempre più innegabili le anomalie e le discrepanze alla base della datazione del 1988. «Possiamo affermare con sicurezza che il processo di datazione al radiocarbonio del 1988 si è rivelato un fallimento», ha per esempio dichiarato alla testata inglese il ricercatore indipendente francese Tristan Casabianca. Il suo, però, non è affatto un pensiero isolato. Mentre potrebbe iniziare ad esserlo quello, sempre meno credibile, del “falso medievale”…
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