Dopo gli austriaci, gli spagnoli, i tedeschi, i francesi, anche i ragazzi italiani hanno deciso di metterci la faccia e di chiedere che, dopo due mesi e senza prospettiva sul futuro, le Messe tornino ad essere celebrate con il popolo. Non solo, suggeriscono norme e pratiche per ridurre il contagio. Ne abbiamo parlato con Benedetta Pari, infermiera di 25 anni della provincia di Rimini.
«L’idea è nata da Chiara, una cara amica, che, dopo aver visto il video dei ragazzi austriaci che chiedevano il ritorno alla Santa Messa, mi ha detto: “Perché non lo facciamo anche noi?”. Poi si sono aggiunti Vincenzo e Sara e abbiamo cominciato a proporlo ad altri amici. Ci ha mosso il desiderio di fare sapere ai vescovi e al Papa che la Chiesa “non è un Paese per vecchi”, che ci sono tanti giovani per i quali la cosa più importante è Gesù Cristo. Il nostro è un invito ai vescovi a non essere tiepidi, vogliamo incoraggiarli ad andare avanti nel loro intento di riaprire alla possibilità delle Sante Messe cum popolo, soprattutto dopo la dichiarazione di domenica sera di Conte e l’evidente ostilità del nostro governo alla ripresa delle funzioni religiose. Allo stesso tempo volevamo fosse un video di conforto per noi cattolici, affinché chi si sente solo sappia che siamo in tanti a soffrire per questo digiuno eucaristico, a lottare per poter accostarci nuovamente all’Eucaristia e a ritrovare nella Santa Messa nuovo vigore. Così come era stato per noi il video dei ragazzi austriaci».
Siete tutti giovani e brillanti, con dei percorsi di studio e lavoro e tanti sogni nel cassetto: in questo periodo di quarantena, con tutte le mancanze che state vivendo, perché proprio la Messa?
«Perché crediamo che il Signore sia il Bene Supremo e la cosa che più desideriamo nella nostra vita, più di ogni altro sogno e aspirazione, è questo rapporto così vicino e preferenziale con il Signore. E dove questo rapporto viene continuamente rinnovato e riscaldato se non nella Santa Messa? Per questo non potevamo restare con le mani in mano di fronte alla più grande delle privazioni. Anche il Signore ce lo ricorda nel Vangelo di Giovanni: “Datevi da fare non per il cibo che non dura, ma per il cibo che rimane per la Vita Eterna e che il figlio dell’uomo vi darà” »
Moltissime persone hanno cercato di sopperire alla mancanza della celebrazione eucaristica attraverso la Messa seguita on line o in televisione, non vi basta?
«In questo periodo diversi sacerdoti a noi cari hanno avuto la carità di organizzare le Messe sul web a sostegno dei fedeli, e di questo li ringraziamo infinitamente: spesso ci siamo trovati ad essere confortati dalle omelie di alcuni di loro e dal grandissimo fervore nella cura della liturgia. Tuttavia alla domanda devo rispondere che no, non ci basta, perché è solo in chiesa, durante la Santa Messa, che si rinnova il sacrificio di Gesù sulla croce, fonte della nostra salvezza, nutrimento per l’anima. In quel momento Cristo muore di nuovo per noi, per liberarci dai nostri peccati. Che amore più grande potrebbe mai esserci? Quale mancanza?»
Come rispondereste a chi sostiene che riportare il popolo a Messa aumenterebbe il rischio del contagio?
«Molto concretamente, il rischio zero non esiste. Partecipare alla Santa Messa non è più pericoloso che andare al supermercato. Il nostro video fa anche delle proposte concrete perché questo avvenga nel modo più sicuro possibile: distanziamento, mascherine, guanti, gel igienizzanti, moltiplicazione delle Messe per evitare assembramenti. Insomma, bisogna almeno provarci, non possiamo permettere che lo Stato decida per la Chiesa perché questo creerebbe un grave precedente. Ah, l’ultima cosa: la salute del corpo è importante sì, ma certo non più della salvezza dell’anima, anzi».
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