In Francia ci sono appena undici giorni festivi e di questi, sei sono feste religiose, ma evidentemente troppi per il sindaco di Grenoble, Éric Piolle che vorrebbe rimuoverli, sostituendoli però, attenzione, con altre giornate commemorative che celebrino, parole testuali «il nostro comune attaccamento alla Repubblica». E a chi sarebbero dedicate queste giornate che dimostrano un così nobile sentimento di amor patrio, al punto da rimpiazzare persino il rapporto col sacro?
Piolle non ha dubbi e propone la sostituzione delle festività religiose con giornate commemorative che celebrino: le rivoluzioni, l’abolizione della schiavitù e udite, udite la comunità Lgbt. Questo il contenuto del suo tweet dello scorso 24 maggio. Come se, peraltro, abolizione della schiavitù a parte, su tutti gli argomenti ci fosse o ci dovesse essere necessariamente un pensiero convergente. E poi non si capisce perché in nome della laicità, ad un credo, se ne debbano sostituire, di fatto degli altri.
Ed è Gilbert Keith Chesterton a rendere bene il cortocircuito del pensiero laicista quando afferma che «Chi non crede in Dio non è vero che non crede in niente perché comincia a credere a tutto». La proposta del sindaco di Grenoble, prenderebbe le mosse da un richiamo del ministero dell’Interno Gérald Darmanin che avrebbe chiesto ragione dei molti alunni assenti durante la festa islamica Eid al-Fitr (che segna la fine del Ramadam) che non è una festa ufficiale in Francia. Sarebbe stata questa la motivazione, che, almeno in teoria avrebbe portato Piolle a sostenere la sostituzione delle festività religiose con quelle secolari.
Tuttavia la notizia non è passata in sordina, facendo insorgere i media: in un editoriale per la rivista liberale Causeur, Dominique Labarriere accusa Piolle di chiusura mentale. Anzi, parla ironicamente del “nuovo calendario piolliano”, dopo i calendari giuliano e gregoriano. E con una sferzante ironia aggiunge: «Mi permetto di pensare che l’inettitudine portata a questi livelli meriti l’inserimento, nel nuovo calendario, di almeno un giorno festivo, non lavorativo, possibilmente retribuito il doppio. Sarebbe per esempio il San Piolle. Data di rigore, il primo aprile, giorno in cui i burloni sono sotto i riflettori».
In risposta alle critiche, Piolle, forse rendendosi conto di averla fatta davvero grossa, ha affermato di non voler vietare le feste cristiane (come se fosse una concessione!) ma di voler «lasciare i giorni festivi aperti alle convinzioni religiose di ciascuno». Una frase sibillina che non dice come debba tradursi, poi, concretamente nel mondo della scuola. Insorgono anche gli esponenti di alcuni partiti che accusano il sindaco di voler cancellare la Francia e i francesi: «Resistiamo a questa follia della decostruzione della nostra civiltà! Siamo orgogliosi della nostra storia, della nostra cultura e della nostra identità», così si è espresso il deputato di Essonne e presidente di Debout la France Nicolas Dupont-Aignan.
Marine Chiaberto, vice presidente di Reconquête, il partito di destra, guidato da Éric Zemmour, ha parlato di un attacco «alle radici cristiane millenarie del nostro paese». «Questo wokismo che vuole cancellare tutto ignora la nostra storia e la nostra identità. È tempo di decostruire i decostruttori!», ha aggiunto. Insomma, il sindaco green, come un novello Robespierre vorrebbe ghigliottinare l’identità cristiana e, nei suoi sogni più spinti su la Republique, dopo aver fatto tabula rasa, proprio come ai tempi della rivoluzione francese, passare alla colonizzazione selvaggia del suo paese, da parte di qualunque altra corrente ideologica, purché non del temibile, in quanto fortemente identitario, cristianesimo. (Fonte foto: Pexels).
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