Il giorno dell’Epifania, il giorno che ricorda la stella che ha guidato i magi davanti a Gesù Bambino, vede cadere la stella di Justin Trudeau, il 53enne primo ministro canadese astro del mondo liberal progressista nordamericano.
Ieri Trudeau ha annunciato le dimissioni come capo del partito liberal, che ha guidato dal 2013 e, come primo ministro, quando sarà stato scelto un nuovo leader. Dimissioni che con ogni probabilità mettono fine alla sua carriera politica, spinto da una crisi del suo governo di minoranza, con l’uscita del partito Ndp che lo sosteneva esternamente e le dimissioni della vice premier e ministro delle finanze Chrystia Freeland, in dissenso sulla risposta alla minaccia di dazi di Donald Trump. Per tre volte primo ministro del Canada, la prima vittoria nel lontano 2015, ora la sua popolarità era in caduta libera da tempo. Proprio la sua vice premier annunciando le sue dimissioni aveva parlato senza mezzi termini di “trucchi politici” di Trudeau.
Stella della sinistra chic di qua e di là dall’Oceano, nei suoi mandati il primo ministro dimissionario ha promosso politiche favorevoli all’aborto e all’ideologia Lgbt. Senza dimenticare che il Canada è tra gli stati al mondo dove l’eutanasia dilaga, 1 morte su 20 è per eutanasia, secondo i dati diffusi dal rapporto annuale dello stesso Paese.
Nel Canada di Trudeau capita che con una semplice autocertificazione un “uomo trans” chieda di andare in carcere con le donne; capita che tampax ed assorbenti siano distribuiti gratuitamente anche nei bagni per uomini. Durissima poi la battaglia di Trudeau per il vaccino contro il Covid, se lo ricordano in modo particolare i camionisti canadesi del “convoglio per la libertà” che divennero una sorta di eroi del mondo “no vax” anche per il modo in cui il primo ministro volle sopire la protesta. Modi talmente duri che il New York Times scrisse che «ciò che sta accadendo in Canada merita molta attenzione negli Stati Uniti e in tutto il mondo»; perché Trudeau per fermare i camionisti invocava poteri speciali, trattava le critiche come terrorismo e bloccava i conti di chi sosteneva i manifestanti. Eppure era lo stesso Trudeau che aveva simpatizzato apertamente per le proteste di Black live matter e dei contadini indiani che avevano paralizzato Nuova Dehli.
Come disse papa Francesco davanti a Trudeau nel suo viaggio apostolico in Canada del 2022, «anche oggi non mancano colonizzazioni ideologiche che contrastano la realtà dell’esistenza, soffocano il naturale attaccamento ai valori dei popoli, tentando di sradicarne le tradizioni, la storia e i legami religiosi. Si tratta di una mentalità che, presumendo di aver superato “le pagine buie della storia”, fa spazio a quella cancel culture che valuta il passato solo in base a certe categorie attuali. Così si impianta una moda culturale che uniforma, rende tutto uguale, non tollera differenze e si concentra solo sul momento presente, sui bisogni e sui diritti degli individui, trascurando spesso i doveri nei riguardi dei più deboli e fragili… ».
Un monito quello di papa Bergoglio che non trovò molta eco nelle cronache di quel viaggio, tutte molto impegnate a ricamare sullo scandalo delle scuole residenziali, per lo più cattoliche, che avrebbero celato orrori con fosse comuni di bambini. Il Governo federale canadese di Trudeau ha stanziato qualcosa come 7 milioni di dollari per indagare sui fatti, ma ad oggi nessun «resto umano» è stato trovato. Un libro molto importante e documentato – “Grave Error: How the Media Misled Us (and the Truth about Residential Schools” – ha concluso che “Non esiste ancora alcuna prova convincente sull’esistenza nelle scuole residenziali di tombe anonime, bambini scomparsi, omicidi e genocidi”. Il primo ministro Trudeau tirò più volte per la talare Papa Francesco, chiedendogli di scusarsi per questi “orrori”. Cosa che Francesco fece in quel viaggio in Canada, a prescindere dal fatto che prove di quegli orrori non ce n’erano (e non ce ne sono).
Adesso forse l’astro del mondo liberal dovrebbe riflettere sulle parole che, invece, pronunciò davanti a lui papa Francesco. Perché le «colonizzazioni ideologiche» presentano sempre il conto. E non tutte le stelle conducono alla meta, qualcuna brilla molto, ma poi cade.
(Foto Ansa)
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