«La proposta della Regione Emilia-Romagna di legittimare con un decreto amministrativo il suicidio medicalmente assistito, con una tempistica precisa per la sua realizzazione, presumendo di attuare la sentenza della Corte Costituzionale 242/2019, sconcerta quanti riconoscono l’assoluto valore della persona umana e della comunità civile volta a promuoverla e tutelarla». È una presa di posizione molto netta quella della Conferenza episcopale regionale (Ceer), che in una nota ha voluto ribadire come «procurare la morte, in forma diretta o tramite il suicidio medicalmente assistito», contrasta «radicalmente con il valore della persona, con le finalità dello Stato e con la stessa professione medica».
I vescovi dell’Emilia Romagna hanno diffuso questa nota significativa, come prontamente notato anche dal Resto del Carlino, con tempistica per nulla casuale. Risale difatti a ieri la notizia che in Emilia Romagna non ci saranno rallentamenti né tanto meno stop sul fine vita. La Giunta guidata da Stefano Bonaccini, della cui corsa verso “la dolce morte”, si è occupato anche il nuovo numero del Timone, ha infatti deciso di tirare dritto, integrando la delibera 2596 del 5 febbraio scorso, con cui – emanando apposite linee guida per le Asl – già aveva dato una sua attuazione alla sentenza della Corte Costituzionale 242 del 2019, garantendo il suicidio assistito, possibile pure negli hospice entro 42 giorni. L’integrazione ufficializzata ieri riguarda invece le motivazioni della delibera che, alla luce di alcuni approfondimenti effettuati, sono state rafforzate senza modificare l’impianto di quanto già stabilito.
«In attesa di una legge nazionale per un tema di così grande importanza e delicatezza», ha spiegato commentando il nuovo provvedimento l’assessore alle Politiche per la salute, Raffaele Donini, «abbiamo rafforzato le motivazioni». Motivazioni che però non hanno evidentemente convinto la Chiesa. La Ceer, come si diceva poc’anzi, ha infatti manifestato «con chiarezza» la propria «preoccupazione», sottolineando che «la soluzione non è l’eutanasia, quanto la premurosa vicinanza, la continuazione delle cure ordinarie e proporzionate, la palliazione, e ogni altra cosa che non procuri abbandono, senso di inutilità o di peso a quanti soffrono».
Parole, quelle dei vescovi, che non piaceranno alla Giunta Bonaccini ma che invece hanno incontrato il plauso dell’avvocato Domenico Menorello, per il Network Sui Tetti: «Sulla gravissima accelerazione dell’Emilia Romagna per introdurre con neri atti amministrativi l’obbligo di prestare la morte negli ospedali in 40 giorni, i vescovi della regione offrono una parola chiara per un sincero dialogo con tutti». «Una società che impone tempi record per scartare i fragili e i malati si sta forse esprimendo “al meglio”?», si è inoltre chiesto Menorello – recentemente intervistato anche dal Timone -, «E un ente che sovverte ogni regola democratica in tema di riparto delle competenze istituzionali, per ottenere forzatamente un proprio inedito federalismo della morte, sta facendo il bene dei propri cittadini?».
(Fonte foto: Imagoeconomica)
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