Lo scorso 14 maggio il cardinale Robert Sarah, prefetto emerito della Congregazione per il culto divino e la disciplina dei sacramenti, è stato insignito di un dottorato honoris causa dal Christendom College, università cattolica con sede a Front Royal, in Virginia.
In tale occasione il prelato ha tenuto ai neo-laureati un denso e lungo discorso filosofico-teologico (qui il testo integrale in lingua inglese) incentrato sul tema delle virtù, e questo anche alla luce del fatto che la mission del College della Virginia «è quello di formare virtù intellettuali negli studenti. L’uomo è chiamato non solo a conoscere la verità, ma ad amarla e a farne il principio formativo della sua vita»
Più nello specifico, Sarah si è concentrato su quella che san Tommaso d’Aquino, andando a riprendere e ad approfondire il pensiero aristotelico, ha definito l’«auriga delle virtù», colei che non avendo un fine suo proprio indirizza tutte le altre virtù verso il «giusto mezzo», in un delicato equilibro tra norma generale e caso particolare: la prudenza, la «retta ragione dell’agire».
LA PRUDENZA
La prudenza, o saggezza pratica, ha esordito il cardinale, «è il coronamento delle virtù, che si ottengono soprannaturalmente per grazia, ma naturalmente solo dopo aver formato tutte le altre virtù morali. Queste altre virtù ci consentono di percepire chiaramente e di rispondere correttamente a beni specifici, come la ricchezza o la salute o l’onore. La saggezza pratica, invece, ci permette di integrare questi beni, di discernere come si incastrano in ognuna delle nostre vite e in accordo con ciascuna vocazione che Dio ci ha dato. La saggezza pratica, quindi, è la chiave del nostro sviluppo morale. Nell’ordine della natura, il raggiungimento della virtù naturale della saggezza pratica è il culmine del nostro viaggio verso la maturità morale. Nell’ordine della grazia, la sua perfezione ci aiuta a imitare Cristo».
DUE ASPETTI DELLA PRUDENZA
Sarah ha quindi focalizzato la propria attenzione su due aspetti legati alla prudenza: la capacità di prendere decisioni e un esempio pratico della sua applicazione.
Riguardo al primo punto, il prelato ha fornito ai giovani laureati un consiglio apparentemente semplice: non avere fretta, ma neanche ritardare la decisione. Prendendo spunto da Aristotele, ha chiarito che è importante dedicare «più tempo alle scelte più gravi e meno tempo alle scelte meno gravi» e cercare «ulteriore chiarezza in una situazione solo nella misura in cui il campo in esame lo consente».
In quelle occasioni, poi, in cui il tempo per decidere è poco, entrano in gioco le abitudini, con la formazione che si ha ricevuto a giocare un ruolo molto importante: «facciamo affidamento sulle intuizioni con cui abbiamo acquisito familiarità e sulle competenze che abbiamo sviluppato in molti anni».
Per quanto riguarda quindi l’esempio – «un esempio calzante e sorprendente alla luce della nostra esperienza della pandemia» – Sarah cita sant’Ignazio di Loyola: alle prese con la peste, dopo aver curato un malato, viene invaso dalla paura di essersi contagiato per via di un dolore alla mano. Cosa fa quindi il fondatore dei gesuiti? «Con grande sforzo si mise le dita in bocca, e per lungo tempo ve le tenne, dicendo [tra sé]: “Se hai la piaga in mano, l’avrai anche nella tua bocca”. Non appena ciò fu fatto, l’illusione lo lasciò e il dolore che aveva sentito nella sua mano cessò».
Il prefetto emerito ha commentato: «Ciò che colpisce è la sua [di sant’Ignazio, ndR] azione deliberata. Si mette in bocca quella che crede essere la sua mano infetta. Non vuole temere l’infezione. Preferisce avere l’infezione e sapere che ce l’ha, piuttosto che temerla». E questo «porta alla luce qualcosa di profondo, anzi una serie di profonde intuizioni. In primo luogo, tutti voi avete familiarità con l’affermazione che la virtù cerca il mezzo, la via di mezzo tra due estremi. […] In secondo luogo, l’azione di Ignazio è decisiva. Una volta che ha diffuso l’infezione alla bocca, secondo la sua stessa comprensione della peste, non si può tornare indietro». Terza intuizione: così facendo la tensione che provava si è risolta, semplicemente prendendo una decisione. «La saggezza pratica», ha infatti proseguito Sarah, «culmina nella decisione. Ci impegna in un percorso invece di altri. E così facendo, riorganizza i valori nelle nostre vite».
A COSA SIAMO CHIAMATI NELL’OGGI
Tutti noi, ha concluso quindi Sarah, in questo tempo di crisi e di grandi sfide siamo chiamati ad «agire contro le tendenze, in noi e negli altri, che oscurano la via di mezzo dell’azione virtuosa. Ad agire con decisione, dopo matura deliberazione, per vivere nella libertà che offre la formazione alla virtù. E a rivelare al mondo con le nostre scelte la bella disposizione dei valori che Dio integra in ciascuno di noi: in altre parole, rivelare le vocazioni che Egli dona a ciascuno di noi».
Il tutto sotto l’ala protettrice, e con l’aiuto, della Beata Vergine Maria e di san Giuseppe e nella consapevolezza che «le nostre deliberazioni più profonde e la nostra visione più chiara di ciò che ci aspetta ci vengono quando i nostri cuori riposano in silenzio», «nella luce della fede e nella grazia dei sacramenti»: nell’Adorazione di Nostro Signore, nella Messa, nel riceve l’Eucarestia. Il tutto per far fiorire la vocazione propria di ognuno e far sì che «Venga il tuo Regno», che s’instauri nuovamente la cristianità.
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