Dottore della Chiesa dal 1946, sant’Antonio da Padova si festeggia oggi, 13 giugno. Fernando di Buglione, nasce a Lisbona, a 15 anni è novizio nel monastero di San Vincenzo, tra i Canonici Regolari di Sant’Agostino e nel 1219, a 24 anni, segue la sua ordinazione. Nel 1220 giungono a Coimbra i corpi in bare d’argento di cinque frati francescani decapitati in Marocco, dove si trovavano a predicare per ordine di Francesco d’Assisi. Nonostante le opposizioni che incontra, a seguito di una apparizione del Santo di Assisi, decide di cambiare ordine. Una volta ottenuto il permesso dal provinciale francescano di Spagna e dal priore agostiniano, Fernando entra nel romitorio dei Minori con il nome di Antonio nel 1220. Invitato al Capitolo generale di Assisi, arriva con altri francescani a Santa Maria degli Angeli dove ha l’occasione di ascoltare san Francesco.
Viene nominato alla confraternita di Forli, e si rende noto per la sua predicazione. In seguito viene nominato predicatore e professore di teologia dei suoi fratelli a Bologna, poi a Tolosa, Montpellier, Limoges, Milano e Padova. Insegna all’Università di Bologna nel 1224. Intorno al 1226, data della morte di san Francesco, era provinciale nel nord Italia, Romagna e Venezia, partecipando alle polemiche con gli Albigesi, che sconfisse e convertì procacciandosi il glorioso titolo di “Martello degli eretici”. Nel 1228 predica davanti a papa Gregorio IX e comincia poi a redigere i suoi Sermones (76 in 5 volumi di 300 pagine ciascuno), rimasti incompiuti. Nel Capitolo del 1230 rinuncia alla carica di ministro provinciale per divenire consigliere di papa Gregorio IX a Roma.
Nella 1231, frate Antonio viene colto da malore. Deposto su un carro trainato da buoi viene così trasportato dall’eremo di Camposampiero a Padova, dove aveva chiesto di poter morire. Le sue ultime parole sono state: «Vedo il mio Signore». Era il 13 giugno, a 41 anni. Viene sepolto a Padova, nella chiesetta di santa Maria Mater Domini, il rifugio spirituale del Santo nei periodi di intensa attività apostolica. Ancor prima di aspettare un anno dalla morte, Gregorio IX lo proclama Santo il 30 maggio 1232 a Spoleto.
Sant’Antonio, predicatore e professore, si è fatto lievito e sale per la sua generazione e può oggi insegnarci ad annunciare la verità, sempre. «La verità genera odio; per questo alcuni, per non incorrere nell’odio degli ascoltatori, velano la bocca con il manto del silenzio. Se predicassero la verità, come verità stessa esige e la divina Scrittura apertamente impone, essi incorrerebbero nell’odio delle persone mondane, che finirebbero per estrometterli dai loro ambienti. Ma siccome camminano secondo la mentalità dei mondani, temono di scandalizzarli, mentre non si deve mai venir meno alla verità, neppure a costo di scandalo», si legge nei suoi Sermoni.
Dopo gli anni difficili del Covid oggi la Basilica di Padova festeggia con solennità il suo Santo, «ci attendiamo che sia ancora più intensa e partecipata», dice il rettore della basilica, padre Antonio Ramina.«Incontrando pellegrini e devoti si possono intuire le ragioni più importanti del legame devozionale con il santo. A volte si pensa che a sant’Antonio si chieda di intercedere soprattutto per la salute o per il lavoro, ma il più delle volte viene chiesta la riconciliazione all’interno delle famiglie, il dono di recuperare quei rapporti che si stanno rompendo», continua. «Gli arrivi in basilica aumentano di ora in ora: domenica i passaggi davanti alle reliquie sono stati 3.378. Sono quasi 28 mila dall’inizio della Tredicina», si legge oggi su Il Mattino di Padova. (Fonte foto: Bing immagini licenza libera)
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