Di vedetta – Sanremo 2023 – Podcast di Lorenzo Bertocchi
La vita non è un like. A Sanremo hanno mandato in onda il testo del presidente ucraino Volodymyr Zelensky all’una di notte, ben attenti alla lettera che andava controllata, ma sul marito di Chiara Ferragni, che strappa la foto di un vice ministro del governo vestito da carnevale, e mima sesso gaio e prende slinguazzate in bocca da tal Rosa Chemical, nessun controllo. Queste del Ferragnez sarebbero, infatti, performance inattesa, espressione artistica. I vertici Rai, a cui vanno i soldi di tutti i contribuenti, non sapevano nulla (?).
Ma la vita non è un like. Il Festival è stato un manifesto contro l’Italia razzista, ha detto la pallavolista di colore Paola Egonu, che dell’Italia razzista è stata portabandiera alle olimpiadi, e largamente omaggiata dalla stragrandissima maggioranza degli italiani. Il Festival si è preoccupato di essere un bastione contro l’Italia omofoba, e qui c’è stato un profluvio e un florilegio di fluidità di genere, di effeminati in varie gradazioni e sacerdotesse dell’inclusione, che in questa Italia omofoba hanno davvero avuto un gran coraggio. Anche Amadeus, gran timoniere, come una novella Montessori si è preoccupato di ricordare in conferenza stampa che «ai bambini va spiegato che esiste una persona diversa da un’altra, un uomo che ama un uomo, una donna che ama una donna: non ci sono etichette». Un passaggio quasi da Stato etico, da bigotto dell’educazione.
E meno male, perché la vita non è un like, che l’apertura del Festival era stata con il presidente Sergio Mattarella in compagnia di Roberto Benigni, impegnato a ricordarci quanto è bella la nostra sacrosanta Costituzione che all’articolo 21 ci parla di libertà di espressione. Giusto, giustissimo. Peccato che proprio al Festival abbiamo visto molto narcisismo, tante banalità, quelle che sentiamo ogni giorno come pensiero assoluto, ma di libertà di espressione servita con l’ingrediente della pluralità molto poca.
Il servizio pubblico, oltre a fare da chiesa per la nuova religione civile e i suoi dogmi, dovrebbe offrire proprio libertà di espressione almeno alle principali posizioni che trovano rappresentanza nel popolo italiano. Peraltro, il fu Festival di Sanremo si definiva proprio nazionalpopolare, ma di popolare in questa settimana c’è stato solo il trito conformismo (ben pagato) dei rivoluzionari con il Rolex.
Se la vita non è un like, ci sembra che qualcuno in Rai dovrebbe togliere il disturbo, almeno per essere coerente con la lezione di Benigni e rispettare tutti i contribuenti. Perché può capitare che non tutti coloro che pagano il canone siano d’accordo con le idee di Amadeus e company, e potrebbe essere anche una buona parte del popolo contribuente. Sono cose che capitano. Perché la vita non è un like e questa egemonia culturale assomiglia a una chiesa laica che è molto più dogmatica di ogni altra chiesa. (Immagine: screenshot Twitter, Fedez e Rosa Chemical al Teatro Ariston di Sanremo)
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